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Quando la F1 è un romanzo popolareLeo Turrini - 3 luglio 2019

Come taluni frequentatori di questo ameno luogo ben sanno, io considero la F1 un grande romanzo popolare.

Non vi fosse quell’irriducibile impasto tra umanità e tecnologia, beh, il sipario sarebbe calato da un pezzo.

E’ una mia convinzione. Mi ha portato (immeritata) fortuna.

Per questo talvolta in questa sede mi fa piacere ospitare interventi di giovani che si riconoscono in una certa idea dell’automobilismo.

Sabato scorso il cloggaro Tommy era nel paddock dello Spielberg. Prima volta nella vita, per lui.

In modo vagamente onirico (ah, la generazione del Trono di Spade!) racconta le sue emozioni. E bravo chi capisce tutti i riferimenti!

Buona lettura.

TOMMY SCRIPSIT

Tra dadi e medi volanti, un sabato dal paese dei balocchi

Stanotte prendere sonno è stato particolarmente difficile. Una di quelle notti in cui il telecomando del clima è troppo lontano e la cena troppo pesante.
L’afa è soffocante, e come un viandante bulgaro nel deserto non riesco più a distinguere il tangibile dall’allucinazione.
Improvvisamente una simpatica visione mi culla: vedo un po’ sfocato, ma quello che mi sta venendo incontro è proprio Luca Furbatto, Generale del SauBwoah F1 team.
Pare abbia una certa fretta di presentarmi la figlia, appena sveglia. Nonostante sia ancora un po’ arruffata, appare già bellissima. La desidero ardentemente, ma lei sta già aspettando il suo Cavaliere. Un vecchio scandinavo brontolone, mi dicono.
Ancora offeso, mi reco all’accampamento Rosso per assistere all’imminente scontro.
Dalla torre intravedo un dito medio agitarsi. Ah, è proprio l’uomo della figlia del tenente. Un vero burbero: mi avevano avvisato.
Pare abbia qualcosa da dire a Prosciutto, che viene inquisito.
Nel dubbio, la parte di me ancora sveglia suggerisce un limpido “penalità per Vettel”.
Poi però il primo viene condannato davvero, dicono, e allora sono sicuro di essere definitivamente nel mondo dei sogni.
L’esercito rosso ha dato un calcione ai crucchi “a casa loro” (semi cit.) o quasi, e per festeggiare alle tende viene indetto in gran segreto un torneo di dadi: vince il Grande Capo, lo tallona il (già) Ministro degli Esteri.
Nel mentre, futuro re Carlo I piomba su un pony sopravvissuto anni prima alle rappresaglie asturiane. I segni, povera bestia, s’intravedono ancora tutti.
Decido di sbizzarrirmi: avete mai sognato ciò che avevate deciso da svegli?
Probabilmente no, e quindi facciamo che si sogna (così) una volta sola, e va mo là.
Voglio dunque saperne di più su quel Cavaliere finnico che pare che con la figlia del Generale l’abbia appena combinata grossissima.
Mi lancio a caccia del mio personale cicerone, questa volta senza successo.
Incontro però il palafreniere del Nordico, un elemento squisitamente bendisposto. Mi guida addirittura nelle segrete stanze del Valoroso, mi omaggia con reliquie dall’inestimabile valore e, a una certa, sparisce per un pochetto, per poi ricomparire con nientepopodimeno che l’elmo del Sommo appena rientrato dalla battaglia (ovviamente, manco a dirlo, stravinta).
Penso, tra me e me, che infondo questo circo forse non è solo gommini e regolette.
Che la bussola della passione, lí dentro, l’hanno persa in pochi.
E penso che sperare in un futuro migliore, finché ci sono e ci saranno persone così lí, proprio dietro quello schermo, per un ventenne deve essere un dovere e non un’utopia.
Poi però mi sono svegliato tutto sudato, ma erano solo i 30 gradi del paddock del Ring.

Buona settimana a tutti, e grazie Maestro per l’immeritata ospitalità.