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Perché alla Ferrari serve ColajanniLeo Turrini - 7 marzo 2020

A volte ritornano.
Quando da casa Ferrari mi hanno detto che era imminente il ritorno alla base di Luca Bugia Colajanni, beh, sono stato molto contento.
Ovviamente, sono il primo a sapere che non sono gli addetti alla comunicazione, comunque definita, a far vincere le corse e i mondiali.
Ma io il Cola l’ho conosciuto meglio di chiunque altro e posso garantire che è ferrarista dentro. Ferrarista vero.
I soliti babbei obietteranno: ma che ci frega, parlaci della nuova macchina e dei casini della Fia, anzi, non parlarcene proprio, noi che al massimo abbiamo visto i Gp alla tv sappiamo già tutto…
Bravi, bravi. Come quelli che il virus si ferma chiudendo le frontiere ai disgraziati, ma certo e come no e infatti eccoci qua.
Seriamente.
Colajanni ha contribuito nel suo piccolo agli anni migliori della Ferrari. Quando, dal presidente in giù, tutti erano consapevoli di appartenere ad una storia unica.
E le cose hanno preso a guastarsi non perché la Mercedes faceva mille km di test segreti con le gomme o perché si è scritta i regolamenti e del resto Hamilton vince perché le gru spostano le macchine, eccetera.
No.
In Ferrari ci siamo inguaiati da soli quando si è immaginato che gente come il Cola, che toglieva la buccia di banana da sotto la macchina di Alonso nel 2010 ad Abu Dhabi, sì, ci siamo inguaiati da soli quando si è preso a pensare che gente così, soprattutto a livello tecnico!, mica era indispensabile, perbacco, bisognava essere Smart, alla moda, fighetti da brodo.
E che cazzo.
Io me lo ricordo Luca che era odiato da tutti perché nel suo mestiere difendeva sempre e comunque la Ferrari. E una volta in India disse ad Alonso che non poteva twittare certe cose contro la Scuderia e ancora non c’era Trump e andò a finire che lui lo fecero fuori e Fernando corre la Dakar e insomma chiedetevi dove sta l’errore.
Dopo di che, il rientrante Cola non di rado è simpatico come un crampo allo stomaco. Quando lo spedirono alla Marussia, i suoi detrattori mi invitarono ad una bicchierata per festeggiare. Risposi: e cosa celebriamo, il congedo di uno che ha dato la pelle per la Ferrari?
Io voglio bene a questo fratello sghembo. Per certe cose è un po’ matto, per una doppietta di Ibra a Parma mi ha sfasciato casa, lui ama l’Inter come me e talvolta ci si ritrovava io, lui e Binotto, altro fanatico nerazzurro, a piagnucolare sulle sorti della Beneamata e andava sempre a finire che Mattia dichiarava: o mi danno i pieni poteri o a San Siro non si vince.
Bene.
Adesso i pieni poteri ce li hanno, ma a Maranello.
Non sarà Luca Colajanni a farci vincere il mondiale, ma perso per perso almeno aumenta il tasso di gente che la Ferrari ce l’ha nel sangue, nel cuore, nel Dna.
E questo è l’unico virus che sono disposto a sopportare.