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Perché abbiamo tutti un debito con SchumiLeo Turrini - 13 gennaio 2019

In verità ero tentato di infliggervi una terza puntata sulla Formula E, applicando la filosofia di un grande ingegnere Ferrari che anni fa mi disse: l’elettrico non è questione di se, bensì di quando, corse comprese.

Ma anche no, termicamente parlando.

E mi piaceva di più tornare sulla mostra di Maranello dedicata a Schumi.

Lo faccio attraverso gli occhi e la tastiera di Beatrice Frangione, che era una bambina quando Michael sbarcò in Italia.

Con il cinquantenne nato a Kerpen, abbiamo tutti un debito di gratitudine.

BEATRICE SCRIPSIT

Michael Schumacher, l’indimenticato Campionissimo. Chi, come me, rientra in quella generazione cresciuta neglia anni ’90 non può non riconoscere a lui il merito di essersi avvicinati, di essersi appassionati, o di essersi semplicemente informati sul mondo della Formula 1.
E Maranello, per celebrare i 50 anni del Campionissimo, ha dedicato parte del suo museo alle sue imprese, alle sue battaglie, alle sue lacrime di gioia e ai suoi trofei.
Un angolo quasi nascosto, immerso tra l’esposizione di vetture maestose e preziose; avvolto dal velo di storia di quel marchio che lo avrebbe reso una leggenda nel mondo della Formula 1.
La mostra “Michael 50” ti accoglie discretamente, con un leggero antipasto di quello che si rivelerà essere un vero e proprio pranzo con degustazione di  emozioni. Eccola: l’entrata nella stanza delle meraviglie. A rapire la vista è  un ventaglio di rosse, una per ogni stagione di Schumi alla Ferrari, così maestose, cosi illuminate. Sopra di esse, lo scorrere continuo delle immagini più belle del tedesco, che quasi non sembrano così lontane. Lasciandosi alle spalle l’arena formata dalle monoposto, lo scenario cambia: modellini e caschi dei campioni iridati della Scuderia Ferrari, da Ascari a Kimi Raikkonen, accompagnati da un soffitto colmo di trofei. Quel contrasto tra gloria e mito, tra leggenda e speranza mi ha emozionato. Del resto,  “Una volta che qualcosa diventa una passione, la motivazione risiede lì”. E allora, #keepfighting, sempre.