L’Australia, già.
Ho ricordi bellissimi.
Credo di aver raccontato spesso che, non fossi innamorato dell’Italia, beh, quella è la terra in cui vorrei vivere.
Ma questi sono affari miei.
Invece l’Australia, per stare ai fatti nostri, è l’epicentro di un enorme rimpianto.
Mi spiego.
Un anno fa, io ero assediato da anti Binottiani pentiti che mi pregavano di recapitare le loro umili scuse a Mattia, per averlo dileggiato pubblicamente.
Un anno fa, dopo una vittoria dominante in quel di Melbourne, Leclerc disse che la sua Rossa era una bestia e nessuno più reclamava il ritorno dei test liberi, l’addio al simulatore, il rifiuto di una F1 figlia del denaro (ma scusate: le risse sui soldi tra Enzo Ferrari e gli inglesi le ricordo solo io? Non sarebbe il caso di studiare la Storia, se non la si conosce?).
Un anno fa.
Un anno dopo, giustamente ci si appella alla versione B della SF23, perché è evidente che qualcosa, quasi tutto!, non ha funzionato.
A me interessa poco il giochino della caccia al colpevole. Possiamo idealmente lapidare la memoria di Binotto: benissimo, non ho obiezioni.
Ma poi?
Poi, scusate se insisto, sarebbe il caso di smetterla di guardare sempre indietro. So che in Italia usa così, in molti ambiti. Però, non serve niente.
Nel presente, mi aspetto a Melbourne una Ferrari fatalmente sulla difensiva. Non più Bestia, se solo non fosse una pecora allo sbando mi accontenterei.
Viceversa le annunciate drastiche “riforme” sulla macchina saranno la verifica, facciamo l’esame di riparazione, per studenti che fin qui hanno meritato una clamorosa insufficienza.
Se in un anno fai 4 vittorie e 12 pole, al netto di molti errori e di deficit di affidabilità, beh, non è che l’anno successivo hai l’obbligo di vincere il titolo, perché così ragionano i citrulli.
Ma hai l’obbligo, questo sì, di migliorare i tuoi risultati, perché le regole sono le stesse e non esiste che vai più piano di Aston Martin, per tacere della Mercedes di Gedda.
Presto capiremo.