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L’effetto Fiat-Peugeot sulla FerrariLeo Turrini - 11 gennaio 2021
  1. Forse è utile un chiarimento sulla reale portata della operazione Stellantis (l’integrazione tra Fiat Chrysler e Peugeot) e sulle possibili ricadute in chiave Ferrari, che poi è ciò che in questa sede ci interessa.
    Prima cosa. Ormai da anni, l’azienda di Maranello è fuori dal perimetro Fca. La quotazione in Borsa, che fu preceduta da scissione azionaria (mi scuso per i tecnicismi, ma sono indispensabili) ha reso irreversibile tale processo.
    Per capirci. Alfa Romeo e Maserati confluiscono in Stellantis. La Ferrari no. Il nuovo gruppo franco-italiano (molto più francese che italiano, come tra poco spiegherò) non ha alcun controllo sul Cavallino.
    Dopo di che.
    Formalmente, l’integrazione Fca-Peugeot è alla pari. Nella sostanza invece no. Il ramo transalpino ha la maggioranza in consiglio di amministrazione e non a caso là responsabilità operativa del neo colosso automotive è nelle mani di Tavares, un manager che non viene certo dal Lingotto.
    Vedremo come funzionerà la combinazione industriale e finanziaria. I chiari di luna sono …poco chiari per tutte le aziende del settore.
    In generale, l’italianità dell’auto motive diventa un elemento di comprensibile preoccupazione. Io non ce li vedo i francesi che tra uno stabilimento di Modena o Melfi e una “loro” struttura produttiva preferiscono il Bel Paese.
    Comunque, lo scopriremo solo vivendo.
    A tutto questo, dicevo, Ferrari è estranea. Sarei tentato di aggiungere: per fortuna. Ma sarebbe un’altra congettura. O un atto di fede.
    Mettiamola così.
    Se la ricostruzione di cui sopra fosse esatta (e lo è, fidatevi) se ne conclude che dopo oltre un secolo la dinastia Agnelli/Elkann non sarà più un dominus della industria auto in Europa. Al massimo, un partner.
    Alla famiglia resta però la Ferrari. Controllata grazie ad un patto di sindacato con il figlio del Drake (che ha sempre conservato lo storico 10% ereditato dal padre, 10% che oggi in Borsa vale più di tre miliardi di euro).
    Grazie al diritto olandese, applicato alla Ferrari per scelte fiscali e non solo firmate Marchionne, una scalata ostile, un take over in Borsa, è impraticabile.
    Ora, io sommessamente suppongo che John Elkann stia prendendo tempo, per la scelta dell’ad di Ferrari, proprio perché consapevole che questa decisione, post Stellantis, acquista un significato speciale, anche all’interno delle dinamiche dinastiche.
    Da qui la domanda: la (numerosissima) famiglia di Torino si immagina in sella al Cavallino anche tra dieci o vent’anni?
    Segue l’altro quesito, riservato agli amabili frequentatori di questo Clog.
    Nei prossimi dieci o vent’anni, la Ferrari tornerà a vincere il mondiale di Formula Uno?