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Leclerc, Vettel, Senna, Prost e Suzuka 1989Leo Turrini - 1 ottobre 2019

Giuro che non sto pensando a Seb e a Carletto.
Insomma, sono passati trent’anni.
Suzuka, 1989.
Era la prima volta che mettevo piede in Giappone.
Allora il mondo era davvero un infinito sperso.
Zero cellulari. Zero Internet.
Arrivavi la’, nessuno o quasi parlava inglese, ti facevi capire a gesti.
Per spiegare al taxista che dovevo raggiungere il circuito mi misi a fare “vroom vroom” con la bocca.
Nada.
Allora buttai lì, sillabando: A-y-r-t-o-n.
L’autista si illuminò.
Senna era già un mito, in casa Honda.
Venne la domenica.
Un cielo livido.
Due McLaren.
Prost versus Senna.
Noi giornalisti occidentali stavamo, chissà perché, in una saletta riservata.
I colleghi nipponici erano sistemati oltre una vetrata.
Forse ci studiavano come pesci in un acquario.
O forse temevano il contagio, boh.
Gara in corso.
Ricordo una cosa buffa.
Prost era in testa e Senna lo tallonava.
Venne, a salutarci in saletta, a noi occidentali, Jean Marie Balestre, il potente presidente della federazione internazionale.
Ci disse, tronfio come un trombone: guardate che show, due grandi campioni che lealmente si sfidano, guardate che lezione di sportività…
Crash.
Giuro che andò proprio così.
Le due McLaren si erano avvinghiate e la faccia di Balestre si fece viola.
Scappò dalla saletta mentre noi a stento trattenemmo una sghignazzata.
Ma non era tempo di risate.
Stava materializzandosi un dramma dalle conseguenze irreparabili e io ero tra i testimoni in presa diretta.
Prost si tolse subito il casco.
Senna non scese dalla McLaren. Si fece spingere dai commissari, ripartì, sostò ai box, si avventò in pista.
Vinse.
Vinse?
Fu un delirio.
Andai sotto il palco delle premiazioni e non si sapeva chi sarebbe sbucato da una porticina.
I commissari stavano decidendo.
Aspettavo in compagnia di Flavio Briatore, all’epoca rampante manager della Benetton. Un suo pilota, l’amico Nannini, era arrivato secondo sul traguardo.
Ma il Nano apparve per primo sul podio.
I commissari avevano squalificato Senna.
Briatore gongolava.
I giapponesi erano basiti.
Io, anche.
In McLaren stamparono il più incredibile comunicato stampa di cui io abbia memoria.
Il testo era questo sotto.
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Così. Dei punti interrogativi.
Intanto Prost festeggiava il quarto titolo, in Ferrari erano contenti perché Alain nel 1990 avrebbe portato in dote il numero uno e Senna invece preparava un inutile ricorso, con l’appoggio totale di Ron Dennis.
Ormai era buio.
Quando si è giovani si è matti e così deliberai che dovevo andare sul luogo del misfatto.
Presi una macchina e vennero con me due maghi del click.
Angelo Orsi, amico di Ayrton.
E Ercole Colombo, tifoso di Prost.
Ci mettemmo lì, con una torcia!, a controllare le strisciate delle gomme delle due McLaren.
Naturalmente, non ci capimmo una beata mazza e ognuno dei fotografi si tenne l’opinione, partigiana, che aveva.
Io ero stanco morto e curiosamente mi trovai a pensare una cosa che solo in apparenza non c’entrava un accidente: ehi, ma la mia vita è meravigliosa!
Lo credo ancora, trent’anni dopo.
E giuro che, rivivendo quelle atmosfere, non sto pensando a Vettel e a Leclerc.
Almeno, non per ora.
Almeno, non ancora.