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La Ferrari e Binotto, The Day AfterLeo Turrini - 18 marzo 2019

La Ferrari.
Mattia Binotto.
Seb Vettel.
Charles Leclerc.
The Day After.
Premessa.
Credo sia noto il mio amore per il Cavallino.
È un sentimento che mi ha sempre accompagnato e sempre mi accompagnerà.
Io ho un debito di gratitudine con un pezzo della mia sgangherata esistenza.
La Ferrari, appunto.
Dopo di che.
Amicus Plato sed magis amica veritas.
Non ha senso negare l’evidenza e ognuno tra noi ha una credibilità solo se si tiene alla larga dalla mala fede.
La prestazione (si fa per dire) di Melbourne era oggettivamente indifendibile.
A maggior ragione perché inattesa.
Io, per antica propensione alla cautela, non avevo abboccato all’amo dei test precampionato.
Tifoso si’, ingenuo no.
Ma ci passa un mare, tra la frottola del ‘mezzo secondo di vantaggio al giro’ e il distacco ciclistico accumulato nel Gran Premio d’Australia!
Quindi, proprio per la sua brutale oscenità, io non considero credibile il verdetto dell’Albert Park.
Deve esserci qualcosa di anomalo, un cavallo non diventa un asino in pochi giorni. Chi non ha stile non se lo può dare. Eccetera.
Ipotesi di spiegazione.
Alla sorpresa figlia del tracciato atipico non ci credo. A Melbourne la Formula Uno ci corre dal 1996. Su asfalto, vento e bla bla i team possiedono ogni genere di informazione. Il circuito non c’entra. Va bene evocarlo come alibi perché ci sono cose che in pubblico Binotto non può dire, farebbe un favore alla concorrenza.
Quindi, se la SF90 non era competitiva, non era veloce e non era stabile e sfruttava male le gomme, insomma per dirla con Massimo Troisi credevo fosse amore e invece era un calesse, ecco, resta l’indizio di soluzioni (sbagliate, chiaro) adottate per compensare limiti e difetti non strutturali ma legati a timori di affidabilità.
Deve essere così, voglio che sia così. In caso contrario, significherebbe che il progetto è sbagliato in radice e allora ciao.
Io ho molta fiducia nella squadra. Binotto era già direttore tecnico delle Rosse del 2017 e del 2018, quando da Maranello uscirono monoposto competitive. Fatico ad immaginare un rimbambimento di Mattia e del suo staff, ecco.
In Bahrein, su un tracciato che atipico non è, ci toglieremo il dubbio. Tra le dune del deserto, una Ferrari versione Duna, peggior Fiat del secolo scorso, ci spingerebbe alla depressione. Una Ferrari che fa la Ferrari, è il minimo che possiamo augurarci.
Ancora.
Su Leclerc lasciato alle spalle di Vettel.
Falso problema.
Carletto non è stato utilizzato alla Bottas un anno fa per ostacolare un avversario.
Istintivamente io non amo gli ordini di scuderia ma Binotto PRIMA ha detto che la Ferrari ha una gerarchia. Si può condividere o meno. Ma è una linea chiarissima.
E a Leclerc non è stato tolto un successo, parliamo di un quarto posto.
Qui non ci sono misteri e inoltre, visto che Seb ormai viene trattato come un cane in chiesa, su, sabato in qualifica la Ferrari più veloce era stata la sua.
Ma questo non fa notizia. Strano, eh?
Ultima cosa.
Grazie per gli auguri di buon compleanno.
In 59 anni, solo undici volte (1961, 64/75/77/79/2000/01/02/03/04/07)ho visto la Rossa mondiale.
Bisognerebbe aggiustare la media.
Per questo spero che quella di Melbourne sia stata una allucinazione.