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La Ferrari ai tempi di John ElkannLeo Turrini - 26 novembre 2019

Vado a completare le mie risposte al test del ferrarista 2019.
Il quesito sul pilota che vedrei bene in Rosso è a futura memoria, non essendo ipotizzabili ribaltoni a breve.
Non prenderei Verstappen, che pure come pilota stimo enormemente, per evitare un dualismo tra Predestinati.
Hamilton nel presente è il migliore di tutti ma non sarebbe male se la Ferrari dimostrasse di poter vincere senza il Top Driver.
Ricciardo è per tanti motivi una soluzione interessante, eppure se l’idea fosse quella di investire tutto (e ci sta) sul talento di Carletto, beh, allora meglio Norris, che mi intriga assai e sarebbe perfetto in una linea Ye/Ye che fa molto Beatles in stile She loves you.
Poi io in Ferrari non vorrei Bottas non per disistima nei confronti del boscaiolo finnico, bensì perché sarebbe fatalmente un ripiego, un rincalzo, un tappabuchi sottratto all’anonimato dopo un siluramento in Mercedes. Questo per ribadire che a me una Ferrari a due punte non dispiace. Del resto storicamente non è vero che non si può fare, tra 2007 e 2008 KR7 ha portato alla Rossa tre (3) titoli mondiali e nei confronti di Massa non godeva di alcun bonus prioritario (libero ognuno di raccontarsela come vuole, però alla fine i numeri sono numeri, amen).
Sul personaggio che più è mancato a Maranello nell’era post Schumi sono abbastanza combattuto. In ambiti diversi, Montezemolo/Todt/Brawn erano tre numeri uno. Dovendo scegliere, opterei per il Mangiabanane. Ross era un equilibratore perfetto tra spinte e controspinte. Non era un burattino telecomandato e aveva un ascendente straordinario sui piloti, si pensi alla sua relazione con Schumi. Con il senno di poi (all’epoca io non ero d’accordo e lo scrissi) forse nominarlo team principal avrebbe risparmiato alla Scuderia tante convulsioni.
Al tempo stesso (e non mi sento in contraddizione!) io reputo Stefano Domenicali il miglior capo che il reparto corse abbia avuto dopo Todt. Magari mi fa velo l’amicizia personale, però Stefano ha perso 3 mondiali piloti per 7 punti complessivi, se non ricordo male. Ed è stato massacrato per sconfitte dovute ad inezie, un episodio a favore e la storia, non solo la sua!, si sarebbe ribaltata. Cominciando da me medesimo, ci vorrebbe più equità in sede di giudizio, fermo restando che l’obbrobrio 2014 con ibrido al debutto non si cancella.
Mattiacci non ebbe modo di rivelare talento e limiti. Di Arrivabene mi sono occupato spessissimo: si è fatto male da solo, alla fine credeva nemici anche quelli che gli volevano bene! Peccato, perché non era lontano dal sogno che tanto bramava.
Binotto sta imparando (I hope so).
Di Leclerc dirò che ha cose, anche in negativo, che rimandano al primo Senna. Ciò non significa che sia l’erede di Ayrton. Fa ancora in tempo a perdersi! Ma negarne l’istinto velocistico è un insulto alla verità.
John Elkann ha un difetto: essere John Elkann. Non è empatico. Dovrebbe sforzarsi di comprendere che il presidente della Ferrari rappresenta un popolo. Non gli chiedo di azionare il ciuffo come un tergicristallo alla maniera di Montezemolo. Men che meno pretendo lo stile ducesco di un Marchionne. Ma, santa Madonna!, mettici un po’ d’anima, aiutaci a credere che ci credi, fingi almeno di essere uno di noi e se proprio non ce la fai chiama ad imitarti Neri Marcore’, grazie.
Infine, la monoposto 2020 la chiamerei Ave Maria Gratia Plena perché di grazie ce ne serviranno tante.
(2-fine)