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I miei 1000 (vabbè, un po’ meno) Gran PremiLeo Turrini - 10 aprile 2019

Come immagino sappiate, domenica in Cina la Formula Uno celebra l’appuntamento numero mille.
Dal vivo, credo di avere assistito più o meno a 250 Gran Premi.
Alle testimonianze da guardone “live” posso aggiungere le ore da telespettatore, da quando la Tv Svizzera prima e poi finalmente la Rai iniziarono a trasmettere le corse.
Non posso quindi parlare di Fangio o di Clark e me ne dispiace, sebbene mi stia attrezzando per i viaggi nel tempo.
Di seguito citerò alla rinfusa le gare che, per un motivo o per l’altro, sono rimaste impresse nella mia memoria.
Non è una classifica, per carità. È solo un minuscolo tributo a una parte, non indifferente, della mia vita.
Giappone 2000. Il più atteso. L’ho raccontato tante, troppe volte. Penso che soltanto chi ha vissuto tante Waterloo possa apprezzare la gloria di Austerlitz. Rovesciando la storia, Schumi è stato il mio Napoleone. Ho un debito di gratitudine con lui, perché dal 1979 al 2000 ci sono sempre stato. Il destino ingiusto ha preparato una Sant’Elena anche per Michael. Sto male tutte le volte che ci penso. Canzone: One degli U2.
Imola 1994. La fine dell’innocenza. Un week end terribile. Prima volta in cui ho capito che poteva anche arrivare la Signora con la Falce e io dovevo scriverne. Ratzenberger e Senna, Ayrton e Roland. Canzone: Wish you were here dei Pink Floyd.
Digione 1979. Avevo la prima prova della maturità il martedì. Dovevo studiare. Rimasi incantato davanti al video. Forse non compresi subito che quel duello tra Gilles e Arnoux sarebbe stato ricordato per decenni. Mai rimpianto di non aver aperto il libro, quella domenica lì. Canzone: Heroes di David Bowie.
Suzuka 1990. Quando l’astio tra due esseri umani rispettabilissimi tracima quasi nell’odio. Lo sapevo prima che sarebbe finita così, Ayrton me l’aveva confidato. Ma vedere la McLaren di Senna contro la Ferrari di Prost fu una coltellata al cuore. Film: Duel, di Steven Spielberg.
Interlagos 2007. Il pazzesco epilogo di una stagione romanzesca. A due gare dalla fine ci credevamo ancora in tre: Todt, Kimi e me medesimo. L’agonia di un dopo corsa senza fine mi fece saltare le coronarie, in senso letterale. Le figlie mi dissero: papà tu non sei normale ma non ti cambieremmo con un genitore normale. Son soddisfazioni, anche se il cardiologo non condivise. Canzone: I’ve gotta get a message to you, Bee Gees.
Fuji 1976. Le avevo viste da un passo, le ferite di Niki che grondavano sangue sotto le garze. Mi feci convinto che a un campione Risorto non poteva essere negata la consacrazione finale. Avevo sedici anni e quel punto in più di James Hunt, un grande alla sua maniera, mi aiutò a comprendere che non sempre le favole hanno il lieto fine. Eppure, quell’alba interminabile davanti alla televisione mi rese Lauda carissimo, a prescindere dalle polemiche sul suo ritiro nel cuore di un temporale. Canzone: Il diluvio di Lucio Battisti.