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Hamilton e Kimi hanno ragioneLeo Turrini - 12 marzo 2020

In breve.

Spero tutti bene.

Spero anche si capisca che di questo enorme dramma collettivo sarebbe bene parlare con delicatezza, rispettando le competenze e le conoscenze.

Ovviamente so che è impossibile, avendo l’anonimato di Internet garantito agli idioti ogni licenza, su qualunque campo.

Io qui, nel mio piccolissimo, quando potrò parlerò di ciò che conosco.

La F1.

Sommessamente mi limito a condividere quanto detto nella notte italiana da Lewis Hamilton e da Kimi Raikkonen, entrambi contrari allo svolgimento del Gran Premio d’Australia (sempre ammesso si riesca a disputarlo).

Mi congedo riportando qui l’intervista a me medesimo apparsa sull’ultimo numero di Autosprint.

Buona lettura e stay safe.

Caro Leo Turrini, tu ricordi una vigilia mondiale come questa?
“No e aggiungo per fortuna! Questa drammatica storia del virus nulla e nessuno risparmia. Lo avevamo già visto, nel nostro piccolissimo mondo corsaiolo, con il rinvio del Gran Premio in Cina e poi con i dubbi sul Vietnam, sul Bahrain, sulla stessa Australia. Penso anche con affetto e comprensione agli italiani a Melbourne per lavoro, penso alla gente della Ferrari, della Pirelli, della Brembo, della ex Minardi, eccetera. Dubito ci sarà, all’Albert Park, quella chiassosa atmosfera da primo giorno di scuola che ha sempre accompagnato la gara inaugurale. Cosa vuoi che ti dica, questo è il tempo che ci è dato vivere”.
Magari conviene parlare d’altro, ad esempio della guerra tra la Fia e i Magnifici Sette anti Ferrari…
“Giusto, meglio distrarsi. Dunque, sui Magnifici Sette, capeggiati da Mercedes e Red Bull, affermo subito che l’aggettivo è sbagliato. Magnifici chi? E ce li siamo dimenticati, i trattamenti di favore, mettiamola giù così, che taluni in passato hanno ricevuto dalle competenti autorità?”.
Dagli scarichi soffiati ai volanti flessibili.
“Ecco, appunto. Ma qui c’è un peccato originale. Guarda, a me non sono mai piaciuti i metodi opachi con cui la Formula Uno governa se stessa. Non mi garbavano ai tempi di Balestre, non li sopportavo durante l’era Mosley, idem per l’era Todt. Io sono notoriamente un ingenuo e ho l’anello al naso, ma non capire che nell’epoca dei social e del mondo iperconnesso, insomma, la trasparenza è un dovere, beh, significa essere sganciati dalla realtà. Come il Bernie Ecclestone dell’ultimo decennio”.
Deduco che il famoso comunicato Fia sulla power unit Ferrari non ti era piaciuto.
“No, perché sembrava scritto da un Azzeccagarbugli uscito dalle pagine dei Promessi Sposi. Era molto meglio dire: abbiamo indagato sul motore Rosso, non siamo stati capaci di trovare la prova del dolo da parte di Maranello, la Ferrari respinge l’addebito, intanto la regola sul flussometro la abbiamo cambiata e la Ferrari, come gesto di buona volontà, finanzia la ricerca sui bio carburanti”.
Beh, più o meno l’hanno detto.
“L’hanno detto in ritardo e secondo me se in Fia ad occuparsi di comunicazione da Gran Premio ci fosse stato ancora Matteo Bonciani, eh, ti assicuro che la cosa sarebbe stata gestita molto meglio”.
Cosa sai della Talpa che sotto banco avrebbe indirizzato a colpo sicuro le indagini dei federali?
“La conosco! No, a parte gli scherzi, dalla dinamica di tutta la vicenda si deduce che qualcuno molto bene informato ha fornito elementi che invece erano dati riservati, protetti. Lo chiamano fuoco amico, dalle mie parti. Ma non mi scandalizzo, non è che competenze e conoscenze si fermano allo stop”.
Sarà per questo che in Ferrari si sono riportati in casa un cerbero come Luca Colajanni, l’ex pierre del Dream Team?
“Guarda, il Cola è mio fratello e sa anche essere simpatico come un gatto attaccato non dico dove, quando ritiene sia necessario tutelare l’azienda per la quale lavora. Inoltre ha il grande pregio di essere ferrarista dentro, sin da quando era bambino. Binotto ha fatto bene a riportarlo a Maranello, poi certo un mondiale non lo vinci con un addetto stampa o brand manager come li chiamano adesso. Ma sarà utile”.
Resta l’arrabbiatura dei Magnifici Sette.
“Non chiamarli magnifici, ti querelo. Sepolcri imbiancati è una definizione che invece potrei accettare. Ma scusa, scoprono adesso che Jean Todt ha un figlio che di professione fa il manager di piloti, Leclerc compreso”.
Beh, è vero.
“Come è vero che Nicolas Todt era il procuratore di Felipe Massa. Io scrissi allora, nel 2006, con Jean grande capo a Maranello, che non mi pareva una cosa elegante. Per inciso, Todt senior non la prese benissimo. Aggiungo che in altri sport un simile esempio di conflitto di interessi non sarebbe accettato. Meglio, lo aggiunsi già allora. Però, permettimi, da quando Todt è il numero uno Fia quanti mondiali ha vinto la Ferrari?”
Zero.
“Appunto. E in tutti questi anni quante decisioni Fia sono state prese a beneficio della Ferrari? Non me ne ricordo una! Per stare solo al 2019, ti cito Montreal e la vittoria sottratta a Vettel. Dopo hanno cambiato l’interpretazione da dare alle regole, certo. Ma dopo che in Canada avevano fatto vincere Hamilton”.
Ti sento bello frizzantino.
“Beh, sai, io sono spudoratamente ferrarista. Non tocchiamo palla dal 2007/2008 e vogliono far credere che godiamo pure di chissà quali favori. Cioè, saremmo pure stupidi, mica solo scarsi. Qui si esagera”.
Ti aspetti che Leclerc e Vettel possano esagerare, in senso buono, a Melbourne?
“Temo di no. Nella migliore delle ipotesi, la SF 1000 non è ancora pronta. Nella peggiore, va troppo piano”.
Sarà un monologo di Hamilton?
“Magari dipende da Verstappen…”