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E se in Ferrari ci fosse qualcosa da cambiare?Leo Turrini - 4 dicembre 2019

Prosegue l’inchiesta di fine stagione sulla Ferrari, affidata a un manipolo di illuminati giurati popolari.

Dopo il vice nume Odin, tocca ad un altro cloggaro molto indipendente, il leggendario Quattropalle. Tenetevi forte, perché l’opinione è drastica.

Prossimamente su questi schermi, il pittoresco ammiraglio Nelson66.

La parola a 4Balls.

QUATTROPALLE SCRIPSIT

Il Compagno Segretario generale mi chiede una disamina dell’annata Ferrari alias quello che io, da sempre, chiamo il mio Panificio.
Bene.
Da modesto compagno di provincia spero di essere all’altezza, nevéro, dell’onore accordatomi e di non soccombere invece sotto l’onere, come altri ahimè soccombono sotto due decilitri (in piú) di benzina.
La detta disamina non puó che essere spietata. Il Panificio sembra l’Inter di Moratti, almeno finchè egli non ha avuto la fortuna sfacciata di pescare prima un Mancini e poi uno Special One, circostanza questa che per Ferrari non pare essere all’orizzonte.
Anzi io direi che, a dispetto di alcuni aspetti positivi, il risultato complessivo si muova in retromarcia come i gamberi.
Elencheró alcuni punti alla rinfusa; sono ovviamente opinioni personali e quindi altamente discutibili (sebbene io abbia ormai visto cose che voi umani…).
Tácabanda.
Come risultato di aver imposto al Finnico, e contro l’espresso desiderio del pilota allora di riferimento, un prepensionamento sulla carretta recante il nome Alfa, ci si ritrova ora con in squadra due primedonne impossibili da far lavorare insieme non dico in armonia ma almeno nell’interesse della Casa. Il grande (si insomma, forse quello di oggidí nemmeno tanto grande) dualismo nello stesso garage è certamente affascinante, ma se quasi trent’anni fa uno come Ron Dennis pervenne alla pacata conclusione che forse è meglio di no, chi sono mai al suo cospetto i corifei attuali per pensare di poter fare meglio di lui?
Meglio prendere atto della situazione, scegliere di investire nel futuro, sacrificare (se fattibile) il pilota inacidito e strapagato e prendere un pilota routinieur affidabile e moderatamente aziendalista (Hulkie sarebbe libero, ehm ehm…).

Prestazioni. Per anni ci si è lamentati di non fare buone qualifiche. Quest’anno il q3 riusciva meglio, a tratti benissimo. Ciononostante, il vantaggio di partire meglio in griglia non pare sia stato tesaurizzato come si sarebbe potuto e dovuto. Mi si inarca il sopracciglio come ad Ancelotti. Così non va: tutti in ritiro punitivo.

Al mutór. Qui ci vuole cautela… Pare abbiano avuto qualche buona idea. Cercare la furbata (cioè perseguire l‘ottima idea, sebbene al limite, o oltre, le regole) non è di per sè peccato, anzi.
Peró a me scappa un‘osservazione piú generale, non posso trattenerla. Chi ora purtroppo non c’è più ebbe forse la malaugurata idea di affidare all‘esterno certe attività di sviluppo motore. Ebbene in Formula 1 questo non si fa, l’é un sbàj (é uno sbaglio). Chi scrive ha ancora ben presenti le paranoie di segretezza di quel simpaticone di Todt (capace di dar mandato ai portinai di sventrare alla ricerca di carte proibite la borsa portadocumenti del malcapitato placcato in uscita al portone) o di quel genio d’un motorista che è Marione Illien.
Ci si pensa mille volte prima di dare fuori una valvola o una biella. Figuriamoci appaltare a terzi certe l‘attività di sviluppo prestazionale. È come mettersi sul giornale. Insomma dai…

Ultimo ma non ultimo. Mi spiace, ma il pesce puzza dalla testa. Per sostenere un gioco duro hai bisogno di capi presenti, competenti di corse, sul pezzo, diretti e quando serve spietati.
E di un gruppo tecnico aggressivo e competente.
Todt in Gestione Sportiva era un dirigente sportivo eccezionale, sostenuto da Montezemolo, uno cresciuto stando al fianco di Ferrari e gestendo gente come Lauda.
Chi fa il Montezemolo oggi? E chi il Todt? L’intuizione fa pervenire alle conclusioni che intendo, senza bisogno di scrivere altro.
Oggi ci barcameniamo. La proprietá ha evidentemente altri temi nel suo focus e tutto sommato, visto che quando è presente rilascia dichiarazioni perlomeno memorabili, è anche meglio se ne stia il piú possibile alla larga dalle gare.
Chi rappresenta la proprietà a Maranello preferisce delegare ciecamente al team principal in carica, il quale tutto sommato ringrazia avendo raggiunto saldamente il suo obiettivo di carriera.
Mi verrebbe da aggiungere che il nostro amico bresciano, nonostante i suoi problemi nel distinguere amici e nemici e certa tendenza alla confusione dialettica, il mondiale quasi lo ha vinto…

Tutto negativo? Magari anche no, visto che qualche limitato miglioramento si è intravisto. Ma è il risultato che conta e l’attesa è sempre più lunga e gli avversari (nemici) sempre più aggressivi.
E non basta più ripetere come la giaculatoria del „testa bassa e lavorare“ che „dobbiamo analizzare i dati“ o che „siamo giovani e dobbiamo crescere“.
Sicuri?
Dobbiamo ancora crescere?