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Cosa ci insegna il Binotto di CrozzaLeo Turrini - 19 ottobre 2020

Ormai sta diventando un rito.
All’inizio di ogni week end, mi imbatto in qualcuno che mi fa: ah, ieri sera ho visto l’imitazione del tuo amico, che ridere…
E a me dispiace.
Naturalmente il problema non riguarda Maurizio Crozza. È un artista, è molto bravo, preleva dalla cronaca gli spunti che possono alimentare la sua vena satirica.
Il problema è Mattia Binotto.
Cioè, la Ferrari.
Essere diventati oggetto di dileggio (televisivo) ha un significato. E ha un prezzo.
Significa una perdita di credibilità, figlia certo dei risultati ma anche del modo di interpretarli.
Il tormentone di Crozza (“Dobbiamo capire, c’è qualcosa che ci sta sfuggendo…”) non è una invenzione di un fantasioso autore di testi comici.
È che Mattia Binotto, nella sua buona fede, che non è in discussione, parla proprio così.
E non va bene. Poi, certo, non sono così ingenuo da credere che le corse si vincano con le chiacchiere. Eppure, sapere comunicare è importante. Più di quanto si possa immaginare.
Il prezzo da pagare, anzi, già pagato, è la rinuncia a quell’area di sacralità (laica, eh!) che circondava la Ferrari anche nei momenti peggiori (e io ne ho visti e vissuti tanti).
Bene o male, per decenni a cospetto della Signora in Rossa prevaleva, comunque, una forma di rispetto che era poi una testimonianza di affetto. Jean Todt veniva preso in giro per la somiglianza ad Alvaro Vitali o per la gomma persa al Ring, ma in fondo tutti si auguravano che la Ferrari tornasse a vincere, perché lo ritenevano, se non importante, almeno positivo per la comunità.
È quello che scrisse il Presidente della Repubblica Sandro Pertini al Drake.
Adesso non è più così. Il mondo è cambiato e non sta a me dire se in meglio o in peggio.
Ma è cambiato e forse a Maranello non se ne sono accorti (non si sono accorti di tante altre cose, ma vabbè).
Una volta, anni Ottanta, l’allora imprenditore Silvio Berlusconi criticò pesantemente la Ferrari per le sue sconfitte.
Enzo Ferrari prese il telefono, chiamò il patron di Canale 5 e gli disse: io non mi permetto di giudicare le schifezze che lei manda in onda, veda dunque di rispettare il mio lavoro, che nel mondo è molto più conosciuto e apprezzato del suo.
Ho finito.