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C’erano una volta Senna e RatzenbergerLeo Turrini - 8 aprile 2019

Prima di tornare sul presente, due parole per un amico che non c’è più.
Il venticinquesimo anniversario toglierà un poco di polvere dalla memoria di Ayrton.
C’è una mostra splendida ad Asti.
Domani, martedì, ne viene inaugurata un’altra all’autodromo di Imola.
Torneranno ad uscire libri compreso il mio piccino, eccetera.
A me preme sottolineare una consapevolezza che, nel caso di Senna, trovo perfetta.
Nessuno muore mai davvero, fin quando ci sarà qualcuno in grado di ricordarlo.
Io Ayrton lo tengo in un angolo di memoria e di cuore.
Parlarne non significa semplicemente alimentare la fiamma della nostalgia per la gioventù perduta.
Parlarne significa anche immaginare un ponte tra le generazioni.
Senna, che sognava di battere il record di Fangio e dei cinque titoli, è stato il primo avversario di Schumi.
Schumi i record li ha battuti e ha lasciato il posto in Mercedes a Lewis Hamilton, che è cresciuto nel mito di Ayrton.
Hamilton sta cercando di togliere a Michael i primati che gli restano, esattamente come sogna di fare Vettel, che aveva in Schumi l’idolo dell’infanzia.
È un filo lungo lungo, che tiene insieme le intelligenze e le passioni, gli amori e i furori, le gioie e i rimpianti.
Ecco, io Senna vorrei raccontarlo così, a chi non ha avuto modo di conoscerlo.
Vorrei evocare quel ponte fra le generazioni, vorrei dire che l’ho percorso anche io e vorrei evitare di dimenticare Roland Ratzenberger, che correva con Ayrton immaginando di potere un giorno salire sul podio insieme a lui.
Sono ancora qui che ci penso, venticinque anni dopo, un quarto di secolo più in là.
Non moriremo, fin quando qualcuno sarà in grado di ricordarci.