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C’era una volta la Williams (non Serena)Leo Turrini - 15 febbraio 2018

E così arriva anche la nuova Williams.

Viviamo tempi in cui magari qualcuno sta pensando a Serena o a Venus e già questo…

Arriva la Williams nuova, sì.

La prima senza Felipe Massa dopo qualche anno, ammesso che l’amico mio di San Paolo non si conceda l’ennesimo ripensamento.

La prima con Robert Kubica comunque nel giro dopo un sacco di tempo, sia pure nei panni del terzo pilota.

Io sinceramente non so se il polacco avesse superato, intendo fisicamente perchè il talento non si discute, le difficoltà figlie del suo terribile incidente nei rally. Dei suoi test non tutto è stato raccontato.

C’è anche chi è pronto a giurare che se Sirotkin non si rivelasse all’altezza davanti a Robert e alla sua ipotesi di clamoroso Come Back si aprirebbe una autostrada.

Ma lo sapete: pecunia non olet, vedi Stroll, giusto per restare in famiglia.

Qui si innesta una riflessione spudoratamente nostalgica.

Ho vissuto l’intera epopea Williams. Dal successo numero uno di Regazzoni (ciao, Clay, ovunque tu sia sono sicuro che ti starai divertendo) a Silverstone nel 1979 ai titoli iridati in serie, con personaggi come Jones, Rosberg, Piquet padre, Mansell, Prost, Hill figlio, Villeneuve figlio.

Ero anche a festeggiare con Pastorone Maldonado a Barcellona nel 2012, per un successo che allora non prometteva di essere l’ultimo.

Ho sperimentato il dolore del grande Frank (che faceva il meccanico a Modena quando ero bambino, lavorava per De Tomaso) , la fatica di vivere su una sedia a rotelle, la passione sottratta a qualunque tentazione di abbandono.

E dunque è un peccato che un team così, in un certo senso e per un certo periodo il meno lontano dalla Ferrari come suggestioni, sia stato ridimensionato dagli eventi, dagli insuccessi, dalle difficoltà economiche, eccetera.

Sono sicuro di avere torto, un giorno Stroll e Sirotkin diventeranno campioni del mondo, per carità.

Ma come faccio a reprimere la malinconia che mi inghiottisce quando ripenso alla grandezza di una Williams che non c’è più?

E come si fa, in una logica comparativa, a non intuire che la resilienza della Ferrari significa tanto, ma proprio tanto!, per chiunque capisca qualcosa di emozioni?