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Cantando per AyrtonLeo Turrini - 30 aprile 2019

Oggi è l’1 maggio.

Paolo Montevecchi, l’artista che affidò alla voce di Lucio Dalla il brano intitolato Ayrton, canterà il suo pezzo dal vivo davanti al muro del Tamburello. E poi sulla linea di un traguardo che Senna non taglio’ mai.

Io mi affido alla penna romantica di un caro frequentatore di questo ameno luogo.

Il testo che segue è di uno di voi.

EMI EMI SCRIPSIT.

Quel giro. Il muro del Tamburello. La macchina striscia sul cemento, torna in pista con Ayrton apparentemente inerme nell’abitacolo, la testa reclinata di lato senza evidenziare apparenti segni vitali.
Poi improvviso un sussulto. Il capo per un attimo sembra muoversi, dando a tutti la speranza che a Senna non sia successo nulla di grave . Ancora un attimo… e la speranza prende vigore. Il soffio della vita non ha abbandonato il pilota brasiliano.
Ayrton sulle prime si guarda intorno. È confuso , disorientato. Il colpo è stato tremendo. Questa volta tornare in sé implica un attaccamento alla vita terrena che non aveva mai provato prima, nemmeno come quella volta a Monaco, quando era tale la concentrazione da sentirsi una cosa sola con la vettura, in un legame personale con Dio che racchiudeva la sua McLaren ed i tornanti monegaschi in un unico gesto totalizzante.
Ora di quel Dio Ayrton ha un disperato bisogno. Non c’entrano più la vittorie,le corse. C’entra tornare nel mondo, sulla Terra per non lasciare nulla d’incompiuto. Il resto nella sua mente, non conta più nulla. C’è poco tempo per pensare. Si può solo agire.
Salcito ha appena tagliato la fibbia del casco. Senna neanche lo vede. Poi l’elicottero, un applauso lontano. Gli occhi si chiudono senza desiderare altro. In lui comincia un dialogo, con se stesso. Si sente a suo agio. Galleggia nell’aria.
“Ayrton come ti senti?”
Già, come ti senti… Mi sento bene. Che domande.
“Ayrton come ti senti?”
Ma perché questa domanda? Ayrton…come ti senti….Ayrton come ti senti.
“Bene, mi sento bene!” Risponde fra sé quasi turbato.
“Finalmente! Era tempo che ti sentissi libero… Cos’ha tormentato la tua anima per tutto questo tempo?”
“Non lo so. Ero tormentato da qualcosa?”
Gli occhi per un attimo si aprono in cerca di una risposta lontana, stringendo forte la mano di Sid Watkins, “l’angelo dei piloti”. Lo sguardo del medico inglese lo rassicura. Il viaggio dentro di sé può continuare.
Il tormento ostinato non gli ha concesso tregua. Perché a volte l’immaginazione non basta. Nemmeno quando sei più veloce di tutti al punto da essere più veloce di te stesso e delle tue reazioni, mentre quelle quattro gomme maledette piantate nel terreno non sono in grado di metterti sul filo ondulato dell’asfalto sconnesso seguendo la traiettoria ideale. Quella che il tuo cervello ha sempre saputo. Prima ancora di poterla elaborare.
Senna apre un libro. Ognuno di noi ne ha sempre una copia personale con sé. Il suo forse è fin troppo voluminoso ed ingombrante, pieno di sottolineature, parole evidenziate e foto consumate nonostante non sia nemmeno a metà della sua vita.
“Forse è tempo di leggere un po’”. Pensa Ayrton con insospettata leggerezza.
“Per una volta non stai inseguendo qualcuno e nessuno sta cercando di superarti . Fai con calma. Almeno questa volta”. Gli raccomanda la sua voce interiore.
Senna percepisce un emozione. Un consiglio profondo. Talmente profondo da rendersi conto di non avere mai concepito istintivamente la parola pausa in vita sua. Nemmeno nei periodi di vacanza ad Angra Dos Reis. Il limite era diventato un concetto astratto da varcare in consuetudine e letizia, per appagare un avido desiderio forse pericolosamente insaziabile. E per questo così ostinato.
Prima pagina. Stranamente Ayrton apre il libro dal fondo, come volesse raggomitolare un filo d’immagini e parole disperse troppo in fretta. Non più tardi di ieri.
La Simtek nella foto non ricorda per niente, quella che dovrebbe essere una monoposto. La Formula1 a 34 anni con una macchina neanche tanto competitiva come quella di Max Mosley. Ma per Roland Ratzenberger è già più di ciò che dalla vita è lecito attendersi . Per lui è la terza gara nella stagione di debutto con una vettura poco più che mediocre, che ancora non gli ha permesso di qualificarsi nemmeno una volta.
“Se mai ci fosse un motivo per quello che sto vivendo in questo momento…” Pausa.
“Sei sicuro di ciò che i tuoi sentimenti esprimono ?” Gli chiede la sua coscienza con fare interrogativo.
“Perché sei corso lì?”
Già. Perché?
“Non lo so. Ho pensato. Roland ha la mia età ed un piede in Formula 1 da 53 giorni. Corre con una vettura con la quale anch’io farei fatica a qualificarmi. Un cetriolo verde che becca sei secondi al giro. Lui pagava per essere in Formula 1, cinque gare e forse poi più nulla che sia il volante di una monoposto. Io avevo obblighi per miliardi…non potevo fermarmi. Ho scritto una lettera ai suoi genitori. Volevo farla finita…ma non potevo fermarmi. I sogni di Roland valevano quanto i miei. Forse di più”.
Dalla manica della tuta spunta un lembo di bandiera austriaca. Sid se ne avvede, intuisce, ma è anche il momento in cui c’e altro a cui pensare. L’elicottero continua il suo tragitto verso l’ospedale di Bologna. Un colpo di rotore alla volta.
“Il tuo cuore dice il giusto” La voce interiore annuisce. “ Ma se sei onesto con te stesso ti renderai conto di come a volte il passo fra il totale egoismo e l’ostinata tensione agonistica,sia fin troppo breve”.
Senna riflette.
Aveva bruciato la sua vita dietro ad una cosa di nessuna importanza? Il dubbio lecito ed ossessivo gli era rimasto. Era tempo di continuare la lettura. Voltare pagina.
Ciò che vide nella successiva facciata del suo personale volume biografico non lo mise certo di buon umore.
Hockenheim. Luglio 1992.
Un Gran Premio mai corso. Un test privato per mettere a punto le vetture in vista del Gran Premio di Germania. Nella foto all’ingresso del Motodrom la McLaren di Ayrton affianca la Benetton di un giovane tedesco: Michael Schumacher. Più di un giro passato a darsi ruotate e prendersi a male parole per radio. Fino all’epilogo finale. Le cinture dell’abitacolo slacciate, cercando lo scontro fisico ai box.
“Quell’uomo è pericoloso. Non sa valutare le possibili conseguenze del suo comportamento in pista. Non c’è traccia di rimorso nelle sue azioni.”
“Eri forse diverso alla sua età? A me sembra che questo figlio dei crauti vinca alla tua maniera. Senza risparmiarsi. A cominciare dal lavoro in palestra”.
La riflessione di fronte a cui viene posto Ayrton costringe il brasiliano ad una posizione di difesa. Tutto vero. Per Senna nascondersi dietro un dito è impensabile,nonché vigliacco. Ma di Schumi non gli piace quel modo di porsi senza inibizioni, apparentemente padrone del mondo a prescindere dall’età biologica e dalla gerarchia in essere, che vede in Ayrton Senna Da Silva la Stella Polare del firmamento a quattro ruote.
Ayrton reprime un gesto di stizza. La sua coscienza ha colto nel segno.
“Forse mi somiglia più di quanto io stesso sia disposto ad ammettere, ma vedi… credo fermamente nel valore delle regole,come nel rispetto dell’avversario.”
La sua coscienza riflette. Per un attimo si sente come Michael Schumacher nell’affrontare una staccata all’interno di Ayrton. Una manovra da vero usurpatore.
“Io credo amico mio (e nel mio intimo non ho motivo di dubitare del contrario) che ammettere di avere paura non sarebbe un segno di debolezza. Non era come avere a che fare con Prost spalleggiato da Balestre. Non potevi dire di essere boicottato. All’inizio eri preoccupato semplicemente perché la sua venuta in Formula 1 aveva messo a repentaglio la carriera del tuo amico Moreno, ma non ci hai messo molto a capire che la pasta di cui era fatto quest’uomo era molto simile alla tua. E battere qualcuno che ti assomiglia è come cercare di battere se stessi oltre i proprio stessi limiti. Umani. E non in pista. E la cosa in sé se non si è disposti ad accettarla può risultare molto dolorosa. Schumacher ti ha messo di fronte ad un’immagine il cui riflesso poteva anche non piacerti. Non era uno scherzo. Era tutta la tua vita.”
Senna mugugna. La risposta pervenuta dalla controparte non gli è piaciuta. Per niente.
-E quindi cosa avrei dovuto fare? Stendere il tappeto rosso e dargli il benvenuto?-
-Beh…in un certo senso avresti potuto essere più cortese. Almeno riceverlo con i dovuti convenevoli, quando lui da collega in pista ti ha chiesto di conoscerlo. Come quella sera a Villa d’Este…rammenterai di non aver fatto una bella figura. Ho l’impressione ti abbia ampiamente ripagato della medesime attenzioni. In pista, chiaro. Certo che voi piloti siete delle teste dure eh. Come quell’altro, “il Professore” che pensava di insegnargli proprio a SPA il bon ton dei 300 all’ora. Per tutta risposta si è sentito dire: ditegli di frenare più avanti. Che problema c’è? Immagino la faccia di quel “nano nasone”. Cest la vie.-
Risponde la coscienza fra sé con malcelata ironia.
-Beh in effetti, quando si è in troppi a volere la stessa cosa finisce così. Per uno che vince, sono in tanti a perdere. E perdere non piace a nessuno. Specie a me. Hai ragione amica mia.Cest la vie. –
-Quindi anche con Alain,hai poco di cui stupirti. Sapevi a cosa andavi incontro.-
– Con Prost il discorso è diverso. Quando sono arrivato in McLaren era la mia pietra di paragone. Il Maestro da superare.-
Il libro si apre a Suzuka. Le due McLaren affiancate. Un contatto. Prost si ritira. Senna si fa spingere. Riprende a correre. Vince la gara,ma viene squalificato. Il mondiale prende la via di Prost.
È l’inizio di una lotta senza quartiere. Senza esclusioni di colpi. Ayrton nel rivedere l’immagine non si accorge del sottile sorriso che gli accompagna il volto.
-Quanto odio. Quanta rabbia.- Gli ricorda la sua coscienza.
-Ma anche quanta stima. Quanto rispetto.-
-È per quello che ad Imola ti mancava Alain?-
La domanda della sua coscienza è più di una semplice constatazione.
– Sai, nel diventare un riferimento per gli altri si devono accettare un’insieme di cose che forse non tutti sono disposti ad accettare. Alain mi ha obbligato ed insegnato a vivere la Formula 1 oltre il volante. Le gare si vincono prima a volte senza fare nemmeno un metro. Come nel ’92.-
-Ti riferisci a quando Prost è andato in Williams?-
-Sì…- La voce di Ayrton assume un tono quasi metallico.
– Ero incazzato nero… pensavo si ritirasse poi invece trova un accordo con Williams coi buoni uffici della Renault che voleva un pilota francese. Per il ’93 avevo tutti contro. Dennis, Schumacher la Benetton e poi di nuovo Alain. Ma io ogni vittoria di quel ’93 le ricordo come perle di una collana preziosa. Un pezzo unico. Ho dato il meglio di me, anche se il mondiale l’ha vinto Alain. È stato più bravo nell’avere la macchina più forte. Conta anche questo per vincere. Per questo mi manca ed a volte mi sento solo. Con lui ero obbligato a pensare alle corse anche quando dormivo. Senza lui in pista non è più la stessa cosa. –
Un velo di tristezza si appoggia sugli occhi di Ayrton. Le cose nella vita cambiano. Anche per se stessi.
Sfogliando il suo libro un’ultima immagine appare agli occhi di Ayrton.
Box di Imola. Un ragazzo gli sta chiedendo un autografo. Una dedica da apporre sulla prima di copertina.
Ayrton guarda con severità il giovane uomo. Gli strappa il libro di mano. Vorrebbe scagliarlo lontano ma poi non lo fa. Semplicemente glielo restituisce e si allontana inviperito, lasciando il ragazzo ammutolito da una delusione chilometrica.
Non sa Ayrton che quel giovane ha attraversato il fiume per essere nel paddock e poterlo conoscere. Neanche il fango ha potuto fermarlo. Senna si gira quasi si scusa e spiega i motivi del suo gesto. Il libro non posso autografarlo sono in causa con l’editore, ma se vuoi un autografo sulla maglietta è tutto tuo.
Benedetto il gesto. Un sorriso appiana tutto, come l’autografo sulla maglietta.
-Sei stato magnanimo.-
La coscienza di Ayrton sorride, quasi lo prende bonariamente in giro.
-Sì, quel fango sui pantaloni mi ha fatto tenerezza. Non poteva sapere come stavano le cose. Basta poco a rendere gli altri felici.-
-Ora che pensi di fare?-
-Ne parlo con Sid. Ho una promessa da mantenere.-
-Bene campione.-
La coscienza lo saluta, con un abbraccio fraterno.
Ayrton apre gli occhi. Guarda Sid con aria distesa.
-Andiamo a pesca Sid?-
-Certo Ayrton, quando vuoi!-
-Vedi di rimettermi in piedi in fretta allora. Ho bisogno di te in questo momento”.

E fu un momento senza fine.