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Arrivabene, le prime parole famoseLeo Turrini - 9 marzo 2015

Io sono uno di quelli che pensano che gli esseri umani vadano conosciuti nell’anima, se si può, prima di giudicarli. Abbiamo tutti una storia e non sempre gli esiti professionali, di carriera, spiegano una vita. Adesso che di vita la sua sta per cambiare, anzi, è già cambiata, ho chiesto a Maurizio Arrivabene di raccontarsi un po’. Alla vigilia del debutto australiano. Al corazziere Mazgiorg, che al tavolo vicino stava impartendo le ultime disposizione pre Melbourne al suo idolo Kimi Raikkonen, ho domandato di provvedere a documentare l’incontro.

Queste sono le prime parole famose di Mr. Arrivewell. Valgono, credo, molto più di qualsiasi esternazione, come dire, ufficiale.

‘Io non ho paura della sfida. Secondo me c’è una paura positiva e una paura negativa. Quella negativa ti spinge a scappare, a schivare le difficoltà. Quella positiva è la consapevolezza che le cose non saranno semplici, ma tu sei lì per affrontarle, cercare di risolverle…’

‘Quindi non mi tremeranno le gambe al muretto di Melbourne. E’ la prima volta in un ruolo nuovo, diverso. Mi ricordo quando da bambino andava in bicicletta e mettevo i cartoni nelle ruote per fare un rumore da moto e ogni tanto qualcosa finiva nella catena e cascavo, mi sbucciavo, sanguinavo di qua e là, però mi rialzavo…’

‘La passione per l’automobilismo me l’ha trasmessa papà. Mio padre faceva l’operaio e ne vado orgoglioso. Siamo bresciani, lui era cresciuto con il mito della Mille Miglia. Passavamo per una strada della città e lui mi diceva: ecco, qua dovevi vedere come prendeva la curva Nuvolari…’

‘Una volta eravamo a un compleanno di un cuginetto, anzi, era la cresima o forse la comunione. Sai, quelle riunioni conviviali di famiglia, tutti i parenti, mangiare e bere e divertirsi. Ma alle due meno cinque mio padre mi prende per mano e fa: andiamo. Andiamo a trovare una televisione, per seguire almeno la partenza del Gran Premio di Formula Uno…’

‘Mio padre poi mi ha trasmesso un altro concetto fondamentale. La Ferrari è più importante di chi la guida! Sempre. I piloti sono bravi, formidabili, simpatici. Ma noi facciamo il tifo per la Rossa, l’uomo che sta al volante viene dopo. Non ho mai scordato questo insegnamento. Quindi io Raikkonen e Vettel li adoro, sono fantastici, sono i miei piloti. E sono al servizio della Ferrari. Punto. Per questo non ci sarà mai differenza di trattamento tra Kimi e Seb…’

‘La prima volta in un circuito fu nel 1983. Imola, Gran Premio di San Marino. Andai a dormire, pensa te, a Tavullia, la patria di Valentino Rossi, che allora immagino fosse un bimbetto. Da lì via in macchina la mattina presto della domenica. Stradelli di campagna. Foratura, come in un film di Fantozzi! Riuscimmo a riparare la gomma e conficcai il muso tra le reti delle Acque Minerali. Fu una domenica memorabile, Patrese finì fuori strada mentre era leader con la Brabham e trionfò Tambay, con la Rossa che era stata di Gilles…’

‘Gilles da ragazzo l’ho amato tantissimo, poi in un’altra fase della mia vita, da professionista, ho avuto una ammirazione enorme per Schumi. No, non mi chiedere come sta Michael oggi, la famiglia ci tiene alla privacy ed è giusto così…’

‘Negli anni Ottanta trovai un lavoro a Madonna di Campiglio. Mi occupavo di allestire eventi per il paese. Siccome ero matto, creai anche una squadra di football americano che si esibiva sul lago ghiacciato! Dici che sono ancora matto? Insomma, ho sempre avuto un debole per le cose originali, coraggiose, eccetera…’

‘Infatti quasi nessuno se lo ricorda, ma come navigatore ho partecipato ad una Parigi-Dakar. Quella vera, tra le dune africane. Il pilota era un amico, si chiamava Seppi. All’epoca non esistevano i Gps, usavamo la bussola nel deserto, ti assicuro che non ci perdemmo, anzi, ci classificammo sesti, vai a controllare. Ah, vuoi sapere che mezzo usavamo? Una Mercedes…’

‘Non lo so se sia più semplice per la mia Juventus vincere la Champions o per la mia Ferrari battere le Frecce d’Argento. A occhio, i bianconeri sono meno lontani dal traguardo. Calciatore preferito? Montero, il difensore uruguaiano. E non metterti a ridere. Poi Nedved, assolutamente Nedved…’

‘Marchionne la Mercedes vorrebbe batterla subito. E’ il nostro primo tifoso, ha la passione di un fan scatenato. Capisce comunque la situazione, non ci siamo nascosti nulla dei disagi che dovremo affrontare…’

‘Torniamo alla storia. A un certo punto si fa viva la Philip Morris. Mi offrono di lavorare per le loro attività italiane. Tra queste c’erano anche i Gran Premi di Imola e di Monza. Figurati se non accettavo! Venni a Fiorano, era ancora vivo il Vecchio, mi fecero sapere che da lontano gli ero piaciuto perché aveva visto con quanto entusiasmo guardavo da vicino la monoposto. Non so se è vero, ma è vero che mi sembrava di sognare, davanti a quella macchina…’

‘Il resto lo sai. Il mestiere, vent’anni o giù di lì ai Gran Premi, la conoscenza diretta dei protagonisti, eccetera. La Formula Uno è casa mia, ho tante idee su come cambiarla, eccetera. Ma stavolta non ci siamo incontrati per questo e nemmeno per parlare di quanto potrà accadere in Australia anche se ti dico subito che è più importante la Malesia di Melbourne, vedrai.  Io mi fido della squadra e dei piloti, spero che per la Ferrari parleranno i fatti, perché tu lo sai, la Ferrari viene prima di qualunque altra cosa…’

Avete capito perché voglio bene a quest’uomo?