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Arrivabene, la testa bassa e la testa altaLeo Turrini - 5 novembre 2018

È stata bella la festa del Ferrari Challenge domenica a Monza.
Scherzando potrei dire che, non essendoci Lewis Hamilton in pista, il risultato positivo era scontato.
Aggiungo che gli ormai proverbiali silenzi dell’amministratore delegato Camilleri mi fanno venire in mente un verso di Pasquale Panella musicato dal grande Lucio Battisti.
“Come sono vivace, come uno che tace”.
In compenso Maurizio Arrivabene parla.
Molto.
Mi fa piacere che Iron Mauri, nella sua versione loquace, abbia ribadito che non sono previste modifiche alla struttura di vertice del reparto corse.
La mia opinione è nota.
Dubito che avrebbe un senso cambiare l’organigramma di una squadra che ha ottenuto i migliori risultati da dieci anni a questa parte.
E gli scontri di potere non giovano alla Scuderia, mai così vicina al grande risultato. Sfuggito, va bene, con grande dispiacere mio e di chi è innamorato della Rossa.
L’importante, mi permetto di insistere, è che ci sia una assoluta chiarezza sui ruoli, sulle competenze, sulle prospettive.
Un’altra cosa.
Per abitudine allo slogan, sempre Arrivabene è solito proclamare che in Ferrari si lavora “a testa bassa”.
In amicizia, mi permetto un suggerimento.
Questa Ferrari 2018, per vittorie e per pole e per emozioni (anche negative) che ci ha regalato, beh, può andarsene in giro a testa alta.
Poi, per fortuna, a Monza domenica Lewis Hamilton non c’era.