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Addio a Romolo Tavoni, ds del DrakeLeo Turrini - 20 dicembre 2020

Saluto da qui un amico carissimo. Un personaggio che ha contribuito a rendere la Ferrari quello che è.
Immagino che ai più giovani il nome di Romolo Tavoni, spentosi a 94 anni, dica poco, se non niente. La Memoria non è un obbligo, semmai un optional. Lo so.
Eppure.
Eppure, Romolo Tavoni è stato fondamentale quando il Cavallino iniziò a nitrire e a nutrire le emozioni di tanti.
Tra il 1950 e l’alba degli Anni Sessanta, il mio amico Romolo fu l’ombra del Drake. Gli faceva da segretario, lo aiutava nelle questioni private, lo rappresentava come direttore sportivo sulle piste di tutto il mondo.
Tavoni era di Casinalbo, un paesino che sta tra Modena e Maranello. Respirava quasi con voluttà i gas che uscivano dai tubi di scarico. Amava le macchine, amava i motori, amava le corse.
Amava, soprattutto, la Ferrari.
Romolo mi ha regalato, attraverso i decenni, testimonianze preziosissime.
Lui era con Enzo quando il Fondatore provo’ il dolore immenso della perdita del figlio Dino.
Era in macchina con il Drake quando, dopo la strage della Mille Miglia innescata dall’auto di De Portago, un Enzo stravolto si recò in Romagna a chiedere conforto e consiglio ad un religioso cui era molto legato. E fu Padre Clerici, si chiamava così, a convincere Ferrari ad andare avanti con le macchine e con le corse. Sotto gli occhi di Romolo, fedelissimo custode di segreti indicibili.
I due si separarono bruscamente per colpa di una lettera. Il documento che otto dirigenti, Romolo compreso, spedirono a Ferrari per lamentarsi delle interferenze di sua moglie Laura, la madre di Dino, nella gestione del reparto corse.
Enzo li licenziò tutti. In tronco. Molti anni dopo, Tavoni mi disse che Enzo aveva ragione: non sul merito, ma nel non tollerare l’intrusione in quella che era una faccenda privata, tra moglie e marito.
Dopo, collezionando tante altre esperienze, Tavoni fu anche direttore dell’Autodromo di Monza. Nel ruolo, era bravissimo. Perché la passione che lo animava era strepitosa.
Io gli ho voluto bene. Tifava per le Rosse anche da vecchio, con un candore da eterno bambino.
Sono sicuro che la Ferrari saprà ricordarlo come merita.