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A Spa con Senna, Schumi e RaikkonenLeo Turrini - 26 agosto 2019

Dicono un po’ tutti che a Spa la Ferrari potrebbe avere una chance.
Non capisco ma mi adeguo (cit.).
Di sicuro l’accoppiata Belgio-Monza può dare un senso, per quanto parziale, ad una stagione nata male e cresciuta non tanto meglio (eufemismo).
Romanticamente, è bello che l’ipotesi di un riscatto Rosso abbia come palcoscenico la pista più bella.
Le Ardenne!
Non c’è luogo che io abbia amato tanto, parlando di Gran Premi.
Adoravo persino la minuscola edicola all’altezza di una curva a novanta gradi. La signora che vendeva i giornali mi riconosceva e ogni anno mi diceva: italiano, stai attento a non invecchiare!
Su quel circuito ho fatto un giro, un tardo pomeriggio, su una Honda guidata da Ayrton.
Doveva essere il 1992 o giù di lì.
Ci sono emozioni che talvolta provo a raccontare, sapendo peraltro di non riuscire nell’impresa.
Ma non importa. Io scrivo per il mio cuore e scrivo per condividere e non si tratta di una contraddizione. Sorry per i poveri di spirito.
Sì, doveva essere il 1992.
Il venerdì.
Era il week end destinato a culminare nella prima, storica vittoria di Schumi.
Michael!!!
Come posso non ripetere che io, da un venerdì del 1991 su una Jordan dagli strani colori, ho visto in lui, soprattutto a Spa, la sublimazione della perfetta combinazione, tra l’uomo e la macchina, tra la tecnologia fredda e la passione calda?
Schumacher sulle Ardenne era quanto di più vicino potessi immaginare al Dio impuro delle pulsioni pagane.
E poi c’è stato Raikkonen.
Kimi appartiene ad una dimensione ormai scomparsa. È il pilota naturale, non allevato come un pollo in batteria, non erede di una cultura robotizzata.
E questo un sacco di gente lo capisce. Del resto, non puoi essere uno dei pochi, pochissimi re di Spa se non sei un essere speciale, con una volante tra le mani.
Ci sono notti in cui, come tanti alla mia età!, fatico a prendere sonno. Allora la mente va, vaga, mi rivedo su quella Honda all’Eau Rouge, sta guidando Senna, io gli dico “piano, mi raccomando” e lui, pigiando sull’acceleratore, mi fa: “paura, eh?”.
Dai, Leo, che ne è valsa la pena.