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1999, tutti i segreti del mondiale F1 che cambiò le nostre viteLeo Turrini - 19 marzo 2020

Spero tutti bene.
Grazie ancora per gli auguri e a tutti ricordo i miei video deliranti sulla home page di Quotidiano.net
Ho un debito con uno di voi.
@pierpaolo. Il mondiale del 1999 è stato il più rocambolesco cui mi sia capitato di assistere. Mi chiedi di raccontare cosa ricordo e allora ho deciso di dedicare una intera puntata (ormai sono come Dumas, un narratore day by day!) delle mie risposte a quella incredibile stagione. Anzi, più di una puntata.
Allora premetto che fra drammi e colpi di scena il 1999 sembrava partorito da uno sceneggiatore geniale. O da Stephen King. Quindi, la somma degli eventi generò una quantità industriale di leggende metropolitane. Tenterò di scindere il vero dal falso, non ignorando il verosimile.
Partimmo dall’Australia con una sorpresa. Un guasto mise Kappao Schumi e ci fu la prima vittoria in Rosso di Irvine.
Io ero diventato amico di Eddie tramite il suo manager di Bologna, il caro Faina Zanarini. Ero contento per l’irlandese, ma mi fece effetto l’atteggiamento di Jean Todt nel dopo gara: pareva gli fosse morto il gatto. Tanto che ad un certo punto, nel giardinetto del paddock, io dissi al Pinguino: ma guardi che ha vinto una Ferrari!
Mi fulminò con lo sguardo.
La Rossa del 1999 non era irresistibile. Michael non riusciva a sfruttarla al massimo e non certo per colpa sua. Paradossalmente, Eddie, che era molto più scarso!, si adattava meglio alla vettura.
Una sera di aprile Irvine venne a cena a casa mia. Fortunatamente le mie figlie erano bambine e quindi non corsero rischi. Aveva guidato tutto il giorno a Fiorano, 100 giri di test gomme. Divorò due piatti di tortellini e poi mi raccontò aneddoti fantastici su Schumi. Umanamente lo trovava incomprensibile, maniacalmente devoto al mestiere. Ma come pilota Eddie venerava Michael. È il più grande, concluse bevendo il nocino di mia suocera. Ma subito aggiunse ghignando: comunque io ho fatto sesso con una sua compagna di scuola e lei mi ha giurato che in classe Schumi nessuna se lo filava.
L’auto migliore del 1999 era la McLaren di Hakkinen e Coulthard. La Ferrari combatteva ma a Montreal Schumi era andato a baciare il muro dei Campioni, Eddie aveva preso punti con una grande rimonta ma il titolo si allontanava. E in una stranissima gara in Francia, con un meteo pazzo, Todt aveva imposto all’irlandese, che era davanti, di dare strada al tedesco. Il contratto quello prevedeva e fu rispettato.
Nel paddock, era noto che Irvine a fine stagione sarebbe andato via. La Ford aveva comprato il team Stewart per ribattezzarlo Jaguar dal 2000 e voleva un pilota di nome al volante. Eddie era molto contento. Considerava chiusa la parentesi Ferrari e gli avrebbero dato tanti, tanti soldi.
Silverstone.
Il dramma nacque da un guaio sulla Rossa di Schumi, figlio di un errore umano ai box. Michael rischio’ di ammazzarsi nel tentativo di superare Eddie, che era partito meglio.
Si è molto fantasticato su quel sorpasso, non facilitato dall’irlandese. Ma, anche qui, le regole interne erano chiare. Irvine era il numero due però in gara nei primi tre giri non c’erano obblighi di scuderia, nelle fasi iniziali di ogni Gran Premio i piloti erano liberi di difendere la posizione (non so se a Monza 2018 in casa Ferrari fosse ancora così, ma non lo escludo, eh).
Quindi a Silverstone non ci fu scortesia o slealtà da parte di Eddie. Quando andò nella clinica inglese a salutare il compagno ormai fuori pericolo, Schumi lo accolse con un sorriso. Gli disse anche: se vinci il titolo ti farò i complimenti ma vorrei vincerlo io.
Arrivati fin qui, aggiungo che in Inghilterra Irvine recuperò punti su Hakkinen e dunque restava clamorosamente in lizza per il titolo. Avendo già in tasca il contratto Jaguar.
Il lunedì sera mi telefona Montezemolo. Mi spiega che le notizie su Schumi sono confortanti e poi mi chiede: ma secondo lei, Irvine accetterebbe di restare un altro anno? Noi abbiamo già preso Barrichello, ma qui lo scenario è cambiato.
No, risposi. Non rimane nemmeno da campione del mondo, perché con Schumi sarebbe sempre il numero due. L’avvocato concordò e mi annunciò che per la temporanea sostituzione di Michael il finnico Salo era stato preferito al vecchio Alesi.
Salo aveva in moglie una ex pornostar giapponese e la cosa mandava nei matti Irvine. Davvero, ne stavamo vedendo di cotte e di crude. Sei ore di macchina mi sciroppai per raggiungere Zeltweg. Portai con me un cugino di professione poliziotto. Vieni con me, gli dissi: questo non è più un mondiale di Formula Uno, è un giallo alla Agata Christie.
Il colpevole nella prossima puntata.
Stay safe.
(Continua)