La disfatta del Brasile, il Maracanazo del 2014, ha il sapore forte di una punizione divina. E’ come se gli dei del calcio avessero deciso di punire la protervia e la sicurezza dei pentacampeones. Prima il fulmine che ha colpito la vertebra di Neymar, il giovane idolo di un Paese che sognava il trionfo casalingo, poi la squalifica di Thiago Silva, pilastro della difesa e unico uomo-squadra in una banda di solisti innamorati del pallone.
Il resto lo hanno fatto l’accanimento agonistico di una Germania affamata di rivincita e la tattica suicida di Scolari, che spingeva gli esterni, Maicon e Marcelo, a giocare altissimi, incuranti della velocità dei tedeschi.
Meno solido a centrocampo e troppo approssimativo in difesa, il Brasile è andato incontro a una punizione severissima. Muller ha calciato solissimo, con un comodo piatto destro, sull’azione del primo gol e poi ha offerto a Klose un pallone filtrante in area. Sul 2-0 la partita era già finita, perché il Brasile non è mai sembrato in grado di replicare con efficacia alla freschezza dei tedeschi e alla loro furia agonistica. E qui entra in ballo anche la stanchezza, scomoda eredità della sfida avvelenata con la Colombia, dove il miglior Brasile del mondiale ha profuso tesori di energie.
A questa somma di componenti fisiche e tattiche si aggiunge il peso della responsabilità, che ha schiacciato i giocatori del Brasile fin dal primo pallone di questa rassegna. La pressione e le attese di un popolo intero si concentravano sui verdeoro, obbligati a vincere. Le lacrime dei brasiliani, alle note dell’inno nazionale, testimoniano l’attaccamento alla maglia ma sono anche il termometro di un’emotività che ha raggiunto i livelli di guardia.
Il Brasile ha cominciato a perdere il suo mondiale per la smania di vincerlo. E quando ha trovato sulla sua strada un avversario solido, cinico e inarrestabile come la Germania si è liquefatto. Sono emersi i limiti di carattere della squadra ma anche la precarietà del progetto tattico, che fidava troppo sui personalismi e le qualità dei singoli.
E poi gli dei ci hanno messo il loro zampino per fissare quel 7-1 che entra di diritto fra le pagine indimenticabili dei mondiali: con le lacrime infinite dei brasiliani, che hanno visto il loro sogno violentato da una banda di lanzichenecchi.