C’è ancora Davide Ballardini alla guida di un Bologna che si è perso per strada, che ha smarrito lungo il cammino le poche certezze conquistate con il tecnico romagnolo. Dopo aver trovato la formula dell’equilibrio (3-5-2 o 3-5-1-1), quella che aveva blindato la difesa e garantito una serie di pareggi e buone prestazioni, Ballardini ha cercato un salto di qualità. Ha chiesto alla sua squadra di crescere. di interpretare la partita da protagonista. Un ruolo per il quale il Bologna di oggi, vista la modestia tecnica degli uomini che lo compongono, non è tagliato.
In cerca del gioco, Ballardini ha perso se stesso, inventando formule tattiche sempre nuove e sperimentando uomini accantonati e poi rilanciati senza successo. Insomma è ricaduto nello stesso errore di Pioli, inseguendo un Bologna che non c’è e non ci può essere.
Oggi, alla vigilia delle sfide contro Inter, Parma e Juventus, apparentemente senza scampo per i rossoblù, il compito del Bologna è quello di ritrovare se stesso, nella piena consapevolezza che salvarsi sarà una impresa improba ma non impossibile.
Questa squadra, involuta e lenta nella manovra e povera di piedi buoni, può giocare solo in contropiede, beneficiando di spazi ampi e rilanci verticali, appena catturata palla sulla trequarti difensiva. Ecco allora la formazione più logica, suggerita dall’esperienza di un’annata tra le più complicate della storia rossoblù. Davanti a Curci Antonsson, Natali e Mantovani, a centrocampo Garics (o Crespo) e Morleo esterni, con il trio centrale composto da Perez, Krhin e Lazaros. Poi Kone trequartista dietro l’unica punta che abbia una guizzo velocistico, cioè Cristaldo.
Un Bologna disegnato in questo modo nion brillerà mai per virtù di gioco e di palleggio, ma può assicurare esperienza, equilibrio e un minimo di brio per battere le vie del contropiede quando l’occasione lo consente. Per Ballardini è una strada obbligata.