Ho aspettato un po’ prima di scrivere, perché c’era troppo traffico nella corsa a salire sul carro, e così a occhio molte facce le avevo già viste, o almeno somigliavano parecchio a quelli che subito dopo Tokyo non si erano limitati alle critiche, legittime, ma erano scesi prestissimo al livello delle battaglie nel fango.

E invece volevo fare qualche proposta costruttiva per fare in modo che questo trionfo non resti uno spettacolo da fuochi d’artificio che il giorno dopo è già dimenticato.

La prima proposta non riguarda il volley: propongo un referendum per impedire a qualsiasi politico di fare i complimenti alle vittorie degli sportivi, di qualsiasi sportivo. Tranne un paio di cariche istituzionali, chiunque le ricopra in quel momento, a tutti gli altri io personalmente impedirei di aprire bocca. Ogni volta che lo fanno, ci ridanno indietro un mese di stipendio. Tanto cercano solo pubblicità. Non so voi, io certe cose le devo anche leggere per lavoro, ma non le reggo più.

Ho aspettato un po’ anche perché sono tra quelli, e non ho problemi ad ammetterlo, che credevano tanto in De Giorgi e nella svolta giovane dell’Italia, ma si sarebbero accontentati di arrivare in semifinale.

E invece il bello di questa vittoria dei ragazzi azzurri è proprio nel messaggio che possiamo ricavarne, se abbiamo voglia di leggerlo, ovviamente. Perché è facile e anche retorico puntare sul largo ai giovani. La verità è che soprattutto negli sport di squadra serve un equilibrio, tra entusiasmo, sana ignoranza ed esperienza nel gestire i momenti più difficili. E’ anche per questo che credevo che la Slovenia ci potesse battere, e a un certo punto pensavo che sarebbe finita così: perché loro erano già passati insieme attraverso tante delusioni (questa è la terza consecutiva, nello specifico. Massimo rispetto per l’avversario nella sconfitta), avevano la pelle più dura della nostra, avevano un ottimo allenatore ed erano anche molto bravi individualmente.

Noi un pelo di più, ma proprio la gestione emotiva rischiava di non farci rendere al massimo nel momento cruciale. Ho visto molti errori causati da voglia di strafare, altri dalla delusione che ne conseguiva. Bravissimo è stato De Giorgi non solo nella formazione del gruppo, ma anche nella gestione rassicurante di ogni timeout.

Veniamo alla seconda proposta. Io non sono tra quelli che pensano che gli italiani debbano giocare per forza. Penso anche che le soluzioni universali non ci siano: il Club Italia è stato fondamentale nella costruzione della femminile, non ha avuto gli stessi risultati nella maschile. Non so perché, ma è un dato di fatto.

Non penso che gli italiani debbano giocare per forza. Ma che abbiano diritto alla parità di fiducia, questo sì. Mi hanno sempre detto che alle società conviene scommettere su uno straniero sconosciuto piuttosto che su un ragazzo del vivaio, perché costa meno. Bene, allora datevi un sistema perché costi almeno uguale. Trovatelo voi, società e Fipav, siete lì per quello. Anni fa, dopo la sentenza Bosman, non avete fatto un accordo tra gentiluomini per regolamentare i comunitari in campo? Questa mi sembra anche più facile, come soluzione, da trovare.

Terza proposta: non riesco a capire perché all’estero assistono alle partite nei palazzetti e negli stadi pieni, e non ci sono ripercussioni molto diverse rispetto a quelle che abbiamo nei nostri stadi e nei nostri palazzetti. Le Leghe basket e volley hanno perfettamente ragione nel richiedere l’apertura totale, con green pass eccetera, degli impianti.

Il fatto che questa incredibile estate azzurra (hashtag #vorreipotessenonfiniremai, come nella canzone dei Negramaro) abbia riempito l’orgoglio di tutti a suon di medaglie rischia di nascondere i problemi del sistema. Cerchiamo di non caderci.