Ora che siamo qui, con le mani sporche d’allegria, #Modenapark sembra una storia semplice, un cielo senza nuvole. C’è il giusto o sbagliato da sopportare, che di per sé è maledetto perché divide mentre qui tutto dovrebbe solo unire. Eh già, sembrava la fine del mondo, “qui si può solo piangere, e alla fine non si piange neanche più”. E invece, il tempo crea eroi, tutti dentro un bar a bere e a ridere, a crescere bambini, avere dei vicini. Sai, essere libero costa soltanto qualche rimpianto. Sì, tutto è possibile, perfino credere che possa esistere un mondo migliore. Un’alba chiara, per chi la vuole vedere.

Stop, perché a citare le parole di Vasco sono poi buoni tutti. E ci sono analisti molto più preparati di me, che possono spiegare la portata sociologica di un evento che è destinato a rimanere unico e nel cuore per tanto tempo. Da modenese sono contento e orgoglioso della figura fatta dalla città, felice che abbia ricevuto una sveglia così gioiosa. Però una cosa vorrei dirla. E non è neanche tanto fuori tema del blog, perché ‘Oltre la rete’ ha sempre cercato di raccontare storie che avvicinino.

So che solo la parte della città che ha subito il concerto la penserà come me, in realtà per motivi molto diversi, ma credo che non ci debbano essere replay. E’ stato bellissimo, ma deve essere irripetibile. E’ giusto rivederlo dentro di sé con lo scorrimento lento, come in rewind. Ma sul prato delle coscienze di tutti, dei 220.000 presenti e dei milioni collegati tra cinema, maxischermi e tv, è giusto che rimanga la parte più bella della serata, il messaggio di comunità, di una vicinanza che sembra ironica se cantata dallo stesso che sostiene che siamo soli, eppure non è mai stata così vera per tanta gente. Questa deve essere la vera eredità di questa festa pagana officiata quasi come un rituale religioso.

Un altro #Modenapark non è giusto e non ha senso nemmeno sognarlo, figuriamoci farlo. Niente potrà essere come stavolta, perché è stata la prima: come i figli d’arte sanno, il paragone con il successo di chi è venuto prima è semplicemente impossibile da reggere. Sarebbe lo stesso per un nuovo concertone, col rischio di esagerare per provare ad alzare l’asticella. Se fossi io a decidere come sviluppare le strategie di riutilizzo futuro di questo spazio fisico e mentale, di questo parco della convivenza civica ed emotiva, proverei a fare cose completamente diverse. Artisti diversi, senza pretese di record. Eventi più piccoli, magari più frequenti. Ma neanche paragonabili, sennò partiranno sconfitti in partenza. Tanto saranno già onorati di esibirsi ‘nello stesso posto di Vasco’. E la scommessa del Comune di Modena è già stata vinta: ora bisogna gestirne l’incasso per il futuro.

Tutte le migliaia di persone coinvolte hanno fatto un lavoro pazzesco, e chissenefrega dei guadagni dei privati, vivere certe emozioni li giustifica molto di più delle boiate viste sulla tv pubblica. Ma il modo migliore per rispettare la grandezza di #Modenapark, è non cercare neanche di imitarlo, in futuro.

A proposito, il teorico rivale Ligabue ha fatto i complimenti a Vasco, come un finalista di Champions sconfitto che riconosce la superiorità del vincitore. Sempre che un giorno non dovessimo scoprire che la presunta rivalità è una precisa strategia di marketing, è anche per queste cose che sono molto orgoglioso di essere emiliano.