Aveva ragione Gian Paolo Montali: forse una platea così qualificata non sarebbe riuscita a metterla insieme neanche una multinazionale per una convention. C’è riuscito Arrigo Sacchi, grazie al suo credito personale e alla considerazione di cui gode da parte di altri personaggi che hanno vinto tantissimo, eppure considerano il profeta di Fusignano un loro maestro, più che un loro pari. Sicuramente un amico.

Ieri sera al parco Piancastelli di Fusignano ho assistito a una delle più belle tavole rotonde della mia vita. Il titolo era «L’importanza dello sport per la crescita etica, culturale e sociale del Paese», il moderatore di una serata riuscitissima il vicedirettore della Gazzetta, Andrea Di Caro. Gli ospiti d’onore di un livello eccezionale.

Perché a un certo punto ci ho anche provato, a contare i trofei che avevano vinto e a sommarli. Quando ho superato quota cento, e c’erano ancora conti da fare, mi sono fermato: a spanne, a duecento successi tra le varie competizioni ci si avvicina in fretta, sommando le vittorie di Manuela Di Centa nello sci di fondo, di Davide Cassani nel ciclismo da atleta e da ct, di Stefano Domenicali ex team principal della Ferrari e ora a capo della Formula 1, di Julio Velasco nel volley e nel calcio, come Gian Paolo Montali che ora si è dato al golf, nel senso che è alla guida del progetto per la Ryder Cup del 2023. E del padrone di casa Arrigo Sacchi.

Prima della chiacchierata pubblica, ho avuto la fortuna di girare insieme a loro per il museo San Rocco che ospita la mostra di foto e cimeli vinti da Arrigo Sacchi nella sua carriera (e se vi interessa, devo dirvi che vista da vicino la Coppa dei Campioni è gigantesca). Ne ho ricavato l’impressione bellissima di un gruppo di amici quasi in gita, tra sfottò e sguardi ammirati.

Il bello doveva ancora venire, perché il dibattito pubblico è stato di livello spaziale. Come sempre quando personaggi di questo livello nel loro campo decidono di aprire il cuore, di mostrarsi senza tante maschere. Da Montali che, senza ipocrisia ha confessato di non sopportare gli allenatori, quando era giocatore, “perché mi lasciavano in panchina e non capivo come non potessero accorgersi del mio talento”, ovviamente scherzando. “Ho iniziato perché mi pagavano, ho scoperto che mi piaceva comandare, e i soldi mi servivano per andare a Parigi dove per prima cosa volevo visitare il cimitero di Père-Lachaise, dove è sepolto il mio mito giovanile, Jim Morrison”, ha raccontato, ammettendo poi in direzione di Velasco: “Quel signore là mi ha bastonato spesso”, ed è stato bello vedere due vecchi arcinemici duettare con ironia e rispetto.

La Di Centa ha spiegato di aver scoperto la vocazione per il fondo quando a quattro anni “San Nicolò mi portò in regalo due piccoli sci e io la mattina dopo ci andai sulla neve fino al panificio di mio padre, vestita in modo inadeguato alla temperatura, e in quel momento capii che era quello che volevo fare, lo sci di fondo, stare all’aria aperta”. E infatti ora non gradisce palestre e piscine, Manuela.

Julio Velasco ha detto una verità della quale dovremmo ricordarci spesso, “gli italiani si lamentano troppo e non capiscono la fortuna che hanno avuto ad essere nati in un paese così”. Davide Cassani è riuscito a trasmettere la gioia fisica che prova ogni volta che arriva in cima a una salita e guarda giù, prima di godersi la discesa che viene dopo il premio per la fatica (e ha tenuto la contabilità degli 800mila chilometri percorsi sui pedali finora. Li ho fatti anche io, ma in macchina). Stefano Domenicali ha spiegato che l’Emilia e la Romagna hanno identità vicine, ma diverse anche nel modo in cui sono motor valley, a quattro ruote per l’Emilia, a due per la Romagna.

E Arrigo Sacchi, il motivo per cui tutti erano lì, ha chiuso puntando sui valori: “Lo sport invita ad avere sogni, a porsi degli obiettivi e a cercare di raggiungerli con la fatica. Ti fa entrare nella vita”.

Avete presente quei momenti e quegli incontri in cui, quando esci, senti che sia il tuo cervello che il cuore sono più forti di quando sei entrato?

Ecco, io mi sentivo così.