Ho conosciuto Alfa Garavini, che ci ha lasciato a 97 anni qualche ora fa, verso la fine degli anni ottanta. E l’impressione che ne ricavai allora non mi ha più abbandonato, nelle rare volte in cui mi è capitato di incontrarla nuovamente.
E’ giusto spiegare, soprattutto a chi è più giovane di me, di chi stiamo parlando: Alfa Casali Garavini è stata la fondatrice e presidentessa della Teodora Ravenna, la squadra che ha il record di scudetti consecutivi sotto la rete del volley, ben undici dal 1981 al 1991. Ma paradossalmente i numeri pazzeschi della dirigente sportiva non rendono l’idea del personaggio. Che ha avuto un ruolo fondamentale nella crescita di intere generazioni di pallavoliste di livello internazionale. Ha lasciato un segno indelebile.
Perché Alfa Garavini è stata prima di tutto una insegnante di educazione fisica, ruolo che con il passare degli anni è diventato purtroppo sempre più ornamentale, e invece intere generazioni devono la loro passione per lo sport al fatto di aver avuto l’insegnante giusto (il mio si chiamava Rodolfo Giovenzana, anche se la pallavolo me la faceva solo guardare perché non avevo il fisico. Giobbe da quella Teodora fu anche battuto, in finale).
Nel 1965, Alfa fondò la società dell’Olimpia Teodora all’interno dell’istituto delle suore Ghiselli (si vede che alle suore il volley piace, vedi le origini dell’attuale club di Novara). Si circondò di dirigenti capaci, come il mitico Giuseppe Brusi, di allenatori altrettanto bravi come Sergio Guerra, e costruì una squadra che seppe vincere puntando su un blocco italiano e su straniere senza atteggiamenti da primedonne. Dovevano essere dei rinforzi veri, insomma. Nomi come Benelli, Bernardi, Pasi, Bigiarini, Zambelli, Prati, Flamigni, Chiostrini, Bertini hanno scritto pagine di storia del volley italiano, e mi scusino quelle che non ho citato.
Alfa Garavini ebbe un ruolo anche nella partenza del Club Italia, il progetto della federazione che ha portato nel corso degli anni alla crescita di tantissime campionesse che oggi fanno parte della nostra nazionale. Il primo progetto riguardava le under 18 di interesse nazionale e aveva sede al Villaggio del Fanciullo a Ponte Nuovo, sempre a Ravenna.
E ancora una decina di anni fa fondò una nuova società che si occupava dell’attività giovanile, nella sua città.
L’impressione di quella prima volta, io non avevo ancora 18 anni, era probabilmente giusta. Mi sembrava che quella donna così calma, una rarità in un ruolo che negli anni ottanta era riservato soltanto ai ‘maschi’, avesse una leadership naturale pazzesca, che non aveva bisogno di urla per esprimersi. Esattamente come i maschi Alfa dei branchi dei lupi, spesso citati a sproposito nella nostra società che non ha la stessa ricchezza morale di quella degli animali, la femmina Alfa sapeva impartire le sue direttive senza bisogno di alzare la voce. Bastava uno sguardo, e ti veniva da darle retta.
La morale finale non riguarda solo il volley. Perché è vero che sempre più spesso le donne arrivano, con pieno merito, in ruoli di comando.
Ma non ne fanno più, come Alfa.
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