Conosco Katia Serra da anni ormai. La prima volta che la intervistai, feci questo titolo: ‘Una vita in rovesciata’. Perché si raccontava della capacità di questa giovane e preparatissima ex calciatrice bolognese di sovvertire i luoghi comuni. La rovesciata che le diede una prima fama televisiva era quella in cui si esibiva sulla spiaggia in uno spot di una birra italiana, battendo un gruppo di ragazzi che col pallone pensavano di avere vita facile con lei.

Ecco, uso questo ricordo perché nessuno, con Katia, può credere di avere vita facile. La donna che, partita bambina da Anzola e dal Bologna calcio femminile, è arrivata ad essere, stasera, la prima commentatrice tecnica nella storia della Rai a raccontare una finale di un Europeo, non è soltanto la bella ragazza che può recitare in uno spot. Katia è più brava che bella, ed essendo bella, spero che capisca che questo vuole essere un complimento. I numeri dicono che quando giocava ha vestito 25 volte la maglia della nazionale con 1 gol, 316 volte ha giocato in serie A (70 reti), 151 in B (58), e ha vinto uno scudetto, tre coppe Italia, 3 supercoppe italiane e la coppa Uefa femminile, oltre ad uno scudetto under 14 come allenatrice.

Poi è stata la prima donna a prendere il patentino Uefa B a Coverciano senza bisogno dello ‘sconto’ riservato alle quote rosa. E stasera, complice il Covid che ha impedito ad Alberto Rimedio di commentare la finale, sarà al fianco di Stefano Bizzotto, professionista strepitoso che non ha il successo di altri solo perché non urla in modo sguaiato.

Katia nel tempo si è costruita la credibilità che le consentirà, stasera, di essere all’altezza del compito. Se un certo Arrigo Sacchi stravede per lei, vuol dire che di calcio ne capisce. Un bel po’.

Quando ci siamo sentiti, ieri, era appena sbarcata dall’aereo che l’aveva portata a Londra. “E’ la mia prima volta a Wembley, quando me l’hanno detto ero al telefono con Marco, il mio fidanzato, e stavo scambiando messaggi su whatsapp con mio fratello Max. Ammetto che ho pianto di gioia. Poi mi è toccato dire a mia madre che non sarei potuta andare al suo compleanno (era ieri, ndr). Le ho chiesto se era comunque contenta del regalo che le avevo fatto, mi ha detto che le dispiaceva perché non avrei potuto mangiare i tortellini“. Ma di sicuro anche la signora Pina era felice.

A proposito di famiglia. Da piccola Katia ha abitato anche in un casello, a Santa Maria in Strada, perché il padre Nando faceva il ferroviere.

Avrà imparato lì, a prendere i treni giusti quando passano.