La notizia la trovate con dovizia di particolari qui. Mauro Berruto, ex ct che ha chiuso la sua avventura con il volley azzurro e forse con il volley in assoluto con una vicenda che fece molto scalpore prima dell’Olimpiade di Rio, da qualche mese è anche il dt delle nazionali di tiro con l’arco.

Fatico ad immaginare discipline così distanti come uno sport di squadra in cui la collaborazione è obbligatoria per regolamento, e uno individuale nel quale sei da solo contro tutto e tutti, l’avversario, il vento, il sole, il tuo cervello. Eppure evidentemente Berruto ha saputo trovare le chiavi di un mondo nuovo, ha saputo reinventarsi ottenendo risultati, come aveva fatto nel frattempo dirigendo Holden, la scuola di scrittura creativa dei suoi amici Baricco e Farinetti.

Il nostro tiro con l’arco era già forte prima, come lo era la pallavolo anche prima di Berruto e come lo è stata dopo. Essendo uno che con un arco in mano falliva il bersaglio anche al luna park, non sono minimamente in grado di dire quale possa essere il peso di Berruto nei successi europei delle nostre squadre. Immagino che non abbia dato consigli sull’impostazione tecnica del gesto, ma immagino anche che ci sia una parte di merito nel lavoro sulla psicologia degli azzurri, che in questi sport è fondamentale. E siccome sono forse uno dei pochi che ha continuato a nutrire la stessa stima per Mauro, perché almeno a casa mia i rapporti umani non cambiano per i risultati sportivi, sono molto contento per lui.

Di volley torneremo a parlare presto, domenica inizia il mondiale in casa e l’Italia almeno per il sestetto base ha tutte le carte in regola per fare bella figura. Con Zaytsev opposto, uno dei casi, per esempio, in cui Berruto si sbagliava (come l’autore di questo blog peraltro) perché pensava che lo Zar sarebbe stato più utile alla causa azzurra da martello ricevitore.

Per dire che non sempre si può fare centro, ma l’importante è non smettere di prendere la mira verso un nuovo sogno.