Grandina anche sulla coscienza, oggi. Avrei scritto sul cuore, non l’ho fatto perché è stato quello a portarci via Miguel Angel Falasca a soli 46 anni, stamattina. Un malore improvviso mentre con la sua famiglia, a Varese, si preparava a partecipare a un matrimonio.

Che cosa abbia fatto da giocatore, ed è tanto, lo potete scoprire completamente qui. Da allenatore stava raccogliendo altrettanto, visto che nel campionato passato ha portato Monza femminile a vincere la sua prima coppa Europea. Non mi stupisce, era un ragazzo umile e molto intelligente.

Degli albi d’oro e dei successi, tanti, potete leggere altrove. Io ci tengo solo a ricordare due cose. La prima è quel pazzesco campionato europeo vinto nel 2007 con la Spagna allenata da Andrea Anastasi, una sorpresa frutto della qualità del lavoro, paragonabile forse solo allo scudetto del Verona o del Leicester nel calcio.

La seconda è più personale. Lo conobbi bene a Modena, stagione 2002-2003, a pensarci oggi annata tragica perché a novembre di quell’anno morì il giovane schiacciatore Davide Barbolini in un incidente stradale, e di quella squadra faceva parte anche Vigor Bovolenta, che ci ha lasciati sette anni fa, stroncato dal cuore, ma in campo.

Quell’anno a Modena si fecero male in tanti. Soprattutto i centrali. Così a un certo punto Angelo Lorenzetti chiese a Falasca, ragazzo di grandissima saggezza e curiosità anche fuori dal campo, di sacrificarsi per fare il centrale. Lui, che aveva sempre fatto l’alzatore, pur essendo alto per il suo ruolo. Fu un sacrificio necessario per un paio di partite, una in campionato e una in Champions League. Dopo quelle gare Lorenzetti ringraziò il ragazzo spagnolo nato in Argentina e dotato di passaporto italiano perché il nonno era partito da Frosinone. “Non tutti avrebbero accettato il rischio di una figuraccia”, disse il coach.

Una di quelle due partite, quella europea, fu contro i belgi del Roeselare. Dove giocava il fratello di Falasca, Guillermo, opposto dalla mano pesante visto anche in Italia a Santa Croce. Lo sapeva prima, che avrebbe trovato Miguel al centro. Ma questo non impedì all’alzatore travestito da centrale di piantargli anche una murata in faccia, in quella partita.

Dopo, sotto rete, a tutti e due scappava da ridere.

Facciamo che ti ricorderò per sempre con quel sorriso, Miguel. E grazie di tutto.