Due anni fa ho scritto la mia prima mail a Vita da pendolare. Ho davanti la pagina e leggo le parole, mi accorgo piuttosto accorate, con cui lamentavo due cose. Una era la maleducazione di tanti viaggiatori e non solo dei giovani. L’altra era che ogni volta che tentavo qualche educata rimostranza, nessuno dei miei compagni di viaggio mi sosteneva. L’altro giorno, piuttosto mortificato dopo avere ricevuto una rispostaccia, mi sono sentito chiedere da un mio vicino: “Lei, perché s’immischia”. La domanda è: dove è andata a finire la solidarietà fra i viaggiatori? Angelo, Milano

Solidarietà, caro lettore. Possibile che sia soltanto una parola sperduta nel vocabolario? Se ha davanti il giornale con la sua prima mail ritroverà un racconto che non è soltanto un brutto fatto di cronaca ma anche una specie di apologo. Ce lo faceva un capotreno, aggredito e picchiato, una sera, da tre nordafricani, che dopo avere fatto a pezzettini i biglietti, glieli avevano gettati in faccia per poi aggredirlo alle spalle. Il ferroviere era stato colpito a lungo con pugni, calci, cinghiate. Si era rialzato dopo il pestaggio e si era visto osservare in silenzio da un trentina di volti di passeggeri. “Vi è piaciuto lo spettacolo?”, aveva chiesto prima di riprendere il controllo della stazione e condurre, per quanto pesto e dolorante, il convoglio a destinazione. Qualche tempo dopo era stato fermato da un ragazzo. «Si ricorda di me?», gli aveva domandato. Il ferroviere, naturalmente, non lo ricordava affatto. Allora il giovanotto aveva spiegato che si trovava sul treno la sera dell’aggressione. Il capotreno gli aveva chiesto perché né lui né qualcun altro era intervenuto in sua difesa. Risposta: «Perché avevamo paura». «Io – aveva concluso il capotreno -, se fosse capitato a un passeggero, sarei intervenuto, perché ho quello che si chiama senso civico». In circostanze molto diverse, il ferroviere e il nostro lettore hanno sperimentato l’assenza di solidarietà e senso civico. Antidoti assolutamente necessari per reagire alla maleducazione così come alla violenza. IL NOSTRO LETTORE è scoraggiato e ha tutte le ragioni per esserlo. L’altra volta gli avevamo raccomandato di insistere nelle sua campagna per l’urbanità in treno perché un giorno, come d’incanto, si sarebbe ritrovato affiancato, spalleggiato, coadiuvato da altri passeggeri. Il nostro augurio pare essere caduto nel vuoto. Ma noi lo replichiamo. Perché le battaglie giuste, alla fine, non sono mai solitarie. Non è detto che tutti i compagni di viaggio del lettore siano abulici o indifferenti. Forse sono soltanto timidi e hanno bisogno di una parola di incoraggiamento. O di un urlo. Ecco. In caso di difficoltà, il lettore dimentichi la sua educazione e cacci un urlo. Sì, proprio un urlo. Servirà per svegliare qualcuno. [email protected]