Mentre Roma generosa non solo nel caos esibisce un surplus di candidati di ogni genere e per tutti i gusti, Milano si avvia a scegliere il suo sindaco con un testa a testa fra Stefano Parisi e Beppe Sala gravido di incognite. Il 5 giugno si celebrano le elezioni amministrative più stravaganti degli ultimi anni. Si assomigliano talmente tanto, i due aspiranti alla carica di primo cittadino milanese, che si sente gente di provata fede di sinistra dire che “in fondo questo Parisi non è male, anzi è proprio bravo”, mentre persone che hanno sempre votato il partito di Berlusconi, o addirittura per la destra griffata La Russa, dichiarano che voteranno Sala “perché è bravo”.
In questo scenario dai contorni più che mai incerti, i partiti sono confusi. La Lega ad esempio, la solida Lega in crescita, vede crescere anche i malumori e le faide al suo interno. Matteo Salvini, sempre lanciatissimo verso la leadership del centrodestra, studia da premier. Piace molto a giovani e anziani, l’altro Matteo. Meno ai suoi padri leghisti. Umberto Bossi gli lancia stoccate, Il governatore Roberto Maroni lavora ai fianchi del suo successore al vertice della Lega mentre opera alacremente a Palazzo Lombardia anche in tandem con Parisi, con cui ha studiato nome per nome la lista civica che lo appoggerà.
Lavorano, e tanto, i militanti leghisti. Soli. Perché il loro Capitano preferisce guardare lontano, alle possibili politiche del 2018, piuttosto che alle imminenti Comunali. Così le conferenze stampa romane sono molto più numerose di quelle milanesi, dove pure Salvini è capolista. Ma soprattutto pochi sono i candidati al Consiglio comunale che hanno avuto l’onore di un incontro pubblico che vedesse ospite il loro segretario. Ci è riuscito Rodolfo Corazzo, il gioielliere che ha ucciso per legittima difesa un ladro penetrato in casa sua. Con lui aperitivo in Montenapo da Doriani, indirizzo gourmet nel cuore della Milano della moda. Gli altri, compresi i fedelissimi di via Bellerio, devono arrangiarsi. E sperare che Parisi vinca.