FIRENZE. Il Rinascimento che torna a vivere grazie allo stile italiano dell’ospitalità. E Si colora di tinte e gusti tra gli affreschi del Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio. Il Premio “Italia a tavola” ormai consacrato come “L’Evento” per eccellenza del settore enogastronomico ha animato Firenze nei suoi luoghi più belli. Due giorni per ricordare a tutti che “L’ospitalità e lo stile italiano” sono e sempre più dovranno essere motori del turismo e della filiera agroalimentare. Trofeo anche al ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini che non lesina buone notizie: “Assumeremo 500 fra restauratori, bibliotecari, storici dell’arte e archivisti”.

Siamo nella Toscana del premier Matteo Renzi, prediletta e privilegiata, non solo dalla natura e dall’arte. Qui tutto vive al top. E allora anche le tavole imbandite tra gli arazzi e i marmi cinquecenteschi, con un sorriso antico ma non liso, plaudono al meglio della gastronomia italiana ai fornelli.

Palazzo Borghese svela di stanza in stanza i segreti dell’altissima cucina italiana. Ma fin dove può spingersi la creatività degli chef? Ecco: griffati dal mito milanese Claudio Sadler “ravioli di cavolfiore e patata con spuma di latte di capra, olio di ricci di mare e caviale”. Raffinatissimi.

Marco Sacco sa osare: il suo ristorante stellato si specchia nel lago di Mergozzo (a pochi chilometri da Verbania) ed è costruito su una palafitta di design. E a Firenze porta zampe di gallina fritte con paté di fegatini e paprika che perfino gli altri chef si contendono. Sapori di Lombardia antica, come quelli della famiglia Cerea del ristorante Da Vittorio di Brusaporto, vicino Bergamo, premiati con l’award 2015. Da Arezzo arriva infine il sublime cioccolato di Vestri. E siccome la manifestazione ideata dal giornalista bergamasco Alberto Lupini (direttore di Italia a tavola, la rivista che dà il nome al premio) propone non cucina ma pura arte gourmet, si chiude con la mostra “Appunti di stile dell’Italia a tavola” in una meta imperdibile: il museo Bardini svela i suoi segreti con un Cicerone d’eccezione, il presidente del Consiglio regionale toscano Eugenio Giani, cui si deve la riapertura del museo quando era assessore alla cultura del Comune di Firenze. Luogo unico, perché si tratta in realtà dello show room di un antiquario tra fine Ottocento e inizio Novecento, il geniale Stefano Bardini, che prima di tutti capi’ il valore commerciale dell’arte, e molto avendo accumulato in vita moltissimo donò in morte regalando ai fiorentini quello che viene considerato il museo privato della città.