Erano elezioni destinate a cambiare il volto del Paese. Così è stato, con la brillante pole position di Virginia Raggi a Roma (dove splenderanno d’ora in poi, oltre al sole, Cinque stelle) e il Pd di Giachetti giunto al ballottaggio in grande affanno. Pd piegato e preoccupato, dalla probabile riconferma del dissidente sindaco di Napoli De Magistris e dalla grillina torinese Appendino che ha ben inseguito l’uscente Fassino.
E Milano? Come sempre interessantissimo laboratorio politico. Su tutto una domanda: da dove è risorta Forza Italia? Ha preso il 20,21% ovvero lo stesso risultato delle politiche di tre anni fa (quasi un miracolo a Milano, con quello che è successo nel frattempo) e soprattutto perché non ha sfondato la Lega (11,78%) di fronte a sondaggi che vedevano Berlusconi surclassato dal giovane e brillante Salvini? Semplice, perché come avevo già scritto giorni fa, Matteo Salvini la campagna l’ha fatta nelle piazze della capitale, accanto a Giorgia Meloni. A Milano si è visto in qualche salotto, in rari aperitivi, pochissimo al fianco dei suoi candidati.
Se a Roma la brillante candidata di destra fosse riuscita ad arrivare al ballottaggio il segretario della Lega avrebbe avuto la strada spianata per la leadership nazionale di una coalizione peraltro tutta da ricostruire. Così non è stato. Peccato per Giorgia che ci ha messo l’anima, e poi sarebbe stato bello vedere tre giovani donne brillanti gareggiare per governare Milano, Roma e Torino.
Ora il Carroccio lombardo dovrà rifare molti conti, soprattutto interni. Comprensibilissimo, l’atteggiamento dell’altro Matteo. È abituato a giocarsi il tutto per tutto, e l’ha fatto anche stavolta. Ma non ha vinto, così come difficilmente Parisi riuscirà al ballottaggio a sorpassare Sala che potrebbe essere rafforzato dal 3,56% del candidato della sinistra pura Basilio Rizzo. E su un presunto appoggio dei Cinque Stelle nessuno può fare serio affidamento. La partita a Milano è aperta ma non apertissima.