La voglia di cantare ci passerà. E probabilmente anche quella di ascoltare assiduamente RadioDue. Col profilarsi della rivoluzione annunciata per il secondo canale radio Rai, voluta da Carlo Conti diventato direttore artistico mesi fa, c’è da preoccuparsi. La cifra stilistica di RadioDue – è il proprio caso di dirlo – si è sempre caratterizzata per il binomio parole & musica di qualità. La certezza di poter ascoltare su un radio mainstream, a maggior ragione di Stato, pezzi anche indie, rischia ora di sgretolarsi. Con la Sanremizzazione della proposta musicale (non possono essere solo canzonette, per quelle appunto c’è il festival) e con il rischio (evidente e concreto) che l’emittente prenda la piega degli altri network nazionali, finendo così col perdere la sua stessa essenza. Sarà difficile, per capirsi, se dovessero essere confermate queste intenzioni, sentire passare per radio l’ultimo pezzo di Calcutta o dei Cani. Va riconosciuto infatti, che in questi ultimi anni la programmazione musicale di RadioDue è stata coraggiosa, tutt’altro che scontata, puntando molto sulle novità, soprattutto italiane (a dire il vero), di realtà discografiche indipendenti. Per tutto il resto, fronte straniero, c’erano programmi ben calibrati. Basti pensare a “Babylon” di Carlo Pastore e “Mu” di Matteo Bordone. Programmi che vanno verso la cancellazione. Così non resta che confidare nelle ultime isole felici come “Rock’n’roll Circus”. Ma rimane più che l’amarezza di fondo, la certezza che le scelte fatte o che stanno per essere compiute vanno in qualche maniera a distruggere ciò che funzionava, non solo in termini di riscontri radiofonici, ma anche di quel seguito da fan e da ascoltatori fedeli che esce fuori dall’ascolto in sé della trasmissione e che sviluppa una sua discussione sui social, sul web e che rimanda inevitabilmente al programma stesso. Il vero feedback che dimostra, più degli ascolti, la forza granitica di un programma. Ecco, si rischia di distruggere tutto ciò che di buono è stato fatto in questi anni. Con inevitabili conseguenze: la disaffezione degli ascoltatori più fedeli. E deteriorando anche, visto il seguito delle trasmissioni, ma questa ormai non è più una novità, quel concetto di servizio pubblico, da anni (purtroppo) declinato in malo, malissimo modo. Contenti loro.