Se ne è andato anche Scott Weiland. La lista di quelli nati nel 1967 che s’inventarono il grunge e che sono scomparsi prematuramente, si allunga. Purtroppo. La morte di Weiland, cantante degli Stone Temple Pilots, arriva dopo quelle di Kurt Cobain, l’icona di un genere e di un modo di fare musica, e di Layne Staley degli Alice in Chains. Tutte morti violente: Cobain si suicidò (forse) con un fucile, Staley fu stroncato da una dose di speedball, mentre di Weiland – per anni in lotta contro la dipendenza da eroina – non si conoscono ancora le cause (si sa solo che è stato trovato privo di vita su un autobus).
Una generazione che seppe canalizzare una rabbia generazionale, uno spleen tipicamente da provincia americana, attraverso chitarre elettrificate e senza una tecnica di base. Ma la differenza col punk, forse, sta proprio in questo spleen che è riuscito ad amplificare la rabbia devastatrice, quasi da luddista, nei confronti degli strumenti musicali, innescando il pogo matto e furioso sotto il palco. Il grunge fu anche il modo migliore di raccontare gli anni novanta. Non ribelli senza causa, ma ribelli senza speranza nei confronti di una società che mentre diventava sempre più globale, paradossalmente incideva sempre di più sulla marginalizzazione di chi era altro. Il testamento musicale del grunge non è quantificabile ora. Anche se alcuni reduci di quella stagione sono ancora in giro. Basti pensare al batterista dei Nirvana, Dave Grohl, con i suoi Foo Fighters. Non è quantificabile, appunto, in gruppi e band che s’ispirano a quel genere musicale che invece in poco tempo, anche per la morte di Cobain (vero catalizzatore), si è dissolto. E’ quantificabile invece, nella voglia e nell’innesco di molti adolescenti dell’epoca di mettere su una band. E questo è forse il lascito più importante, a oltre vent’anni di distanza dalla fine del leader dei Nirvana che in qualche maniera rappresentò un po’ la fine di tutto. Eddie Vedder coi Pearl Jam – i cui primi due album vanno iscritti obbligatoriamente in quella scena musicale – aveva già virato verso altri orizzonti. Ma il grunge era già esploso, segnando quell’epoca e regalando una visibilità a Seattle mai vista prima, tanto da farla divenire sinonimo di città creativa. Ma più che pensare a Microsoft e Starbucks, il pensiero corre al summit del Wto del 1999. Finiva un secolo – breve – con le proteste no global come vennero definite allora (portandosi dietro negli anni quel marchio); ne cominciava un altro. Che non ha nulla a che spartire col passato recente. Ma che non attenua la nostalgia di una stagione che sapeva canalizzare rabbia e dolore in creatività.
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