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Firenze, 21 dicembre 2018 – Piace ricordare come lo scrittore Paul Auster sia riuscito a condensare in poche, essenziali parole la biografia all’insegna del disagio e della sofferenza del grande Paul Celan, all’anagrafe Paul Pessach Antschel: «Un ebreo nato in Romania che scriveva in tedesco anche se viveva in Francia, dove è morto suicida annegandosi nella Senna. Lui scriveva incessantemente perché il dolore e la rabbia hanno fatto diventare furiosa la sua poesia, che era una poesia ispirata dall’amarezza».

Una «amarezza» che ispira,  una «amarezza» assetata di Assoluto e proprio per questo generatrice di poesia che porta con sé anche i disastri della storia, le insensatezze e le crudeltà di cui l’uomo è stato ed è capace, il senso di inutiltà, di inspiegabilità e di disappartenenza al mondo… Un testo straordinario come «Tenebrae», nel suo espressionistico asserire e invocare, ne rappresenta una magnifica prova.

Marco Marchi

Tenebrae

Vicini siamo, Signore,
vicini e afferrabili.

Già afferrati, Signore,
intrecciati uno nell’altro, come se
il corpo di ciascuno fosse
il tuo corpo, Signore.

Prega, Signore,
prega noi,
siamo vicini.

Piegati dal vento andammo,
andammo per inchinarci
su conche e cavità.

All’abbeveratoio andammo, Signore.

Era sangue, era ciò
che avevi versato tu, Signore.

Brillava.

E gettava la tua immagine negli occhi nostri, Signore.
Gli occhi e la bocca sono così vuoti, Signore.

Abbiamo bevuto, Signore.
Il sangue e l’immagine che era nel sangue, Signore.

Prega, Signore.

Siamo vicini.

(traduzione di Stefanie Golisch)

Tenebrae

Nah sind wir, Herr,
nahe und greifbar.

Gegriffen schon, Herr,
ineinander verkrallt, als wär
der Leib eines jeden von uns
dein Leib, Herr.

Bete, Herr,
bete zu uns,
wir sind nah.

Windschief gingen wir hin,
gingen wir hin, uns zu bücken
nach Mulde und Maar.

Zur Tränke gingen wir, Herr.

Es war Blut, es war,
was du vergossen, Herr.

Es glänzte.

Es warf uns dein Bild in die Augen, Herr.
Augen und Mund stehn so offen und leer, Herr.

Wir haben getrunken, Herr.
Das Blut und das Bild, das im Blut war, Herr.

Bete, Herr.
Wir sind nah.

Paul Celan

(da “Sprachgitter”, “Grata di parole”, 1959)

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