VEDI I VIDEO Un’edizione del “Premio Firenze per le culture di pace”, con Heidemarie Schwermer , Saverio Tomasi e l'”omocausto” , Angela Terzani Staude parla di Vittorio Arrigoni , Maurizio Costanzo intervista il Dalai Lama , Enzo Biagi intervista Don Luigi Ciotti

Firenze, 11 dicembre 2016  Articolo pubblicato su “La Nazione” di ieri.

Un premio
Racconti per la pace

“Racconti per la pace”: da un racconto ispirato agli attentati terroristici di Parigi all’immaginaria testimonianza epistolare di un centurione romano che, scrivendo a Seneca dalla Giudea, parla di un nuovo profeta per il quale tutti gli uomini sono uguali e tra loro fratelli; dal drammatico resoconto di una deportazione a Dachau a una riflessione sulla musica e sull’armonia che dovrebbero governare la vita umana. E ancora, le resultanze di un’esperienza di solidarietà nel lavoro di assistenza a malati e anziani, la storia di Mario Maiani, che decide di devolvere la propria ricchezza per la costruzione di ospedali in Africa, e quella di una piccola immigrata a contatto con la dura realtà del Sud America.

Secondo questa gamma di motivi narrativamente svolti in un volume edito dalla Regione Toscana si celebrerà oggi pomeriggio a Firenze, nell’Auditorium Sant’Apollonia di Via San Galllo, dalle ore 16, l’undicesima edizione del Premio letterario “Firenze per le culture di pace”.

L’iniziativa, dedicata al Dalai Lama e presieduta da Don Luigi Ciotti, è promossa dall’associazione “Un Tempio per la Pace” in collaborazione con Comune, Regione Toscana e Biblioteca delle Oblate. Al premio per l’inedito (la pubblicazione, appunto, dei “Racconti per la pace”) fa riscontro quello per l’edito, attribuito quest’anno a Paolo Rodari e Antonella Lumini per “La custode del silenzio” (Einaudi). Un premio speciale anche a Claudio Naranjo, psicoterapeuta-antropologo cileno candidato al premio Nobel, che con i suoi studi ha elaborato una nuova visione del mondo, per un umanità migliore.

Marco Marchi

Da Né acqua, né luna

Il giorno dopo, a scuola, Stephen fu preso come al solito di mira dai soliti bulletti della classe, invidiosi della sua brillante carriera scolastica, ma anche del suo aspetto per metà orientale: non dimentichiamo che aveva pur sempre ereditato i capelli biondo oro dal papà, ma dalla mamma aveva ricevuto come dono due bellissimi occhi a mandorla scuri. Così veniva chiamato muso giallo saputello, e lui non ci vedeva più dalla rabbia.
Il gruppetto di ragazzi lo spinse a terra regalandogli i soliti calci di benvenuto in classe, finché arrivò il professore e la cosa finì lì. Ma non finì nella mente di Steve, che non sopportava più quegli attacchi crudeli e gratuiti da mocciosi antipatici solo perché erano più grossi di lui.
Quel pomeriggio fece in fretta i compiti e disse alla mamma che avrebbe fatto il suo solito giro in bici. Andò invece dal suo Baba.
“Baba, Baba, aiutami, non sopporto e non voglio più essere picchiato da quei mostri non ho mai detto nulla alla mamma perché non voglio sembrare una femminuccia, ma ora hanno oltrepassato il limite!”
“Oh bambino mio! Cerca di calmarti, vedrai che quando sarai più padrone di te stesso, loro vedranno qualcosa di diverso in te, e ti temeranno. Ricordati sempre queste mie parole: qualunque cosa accada, sappi che influirà solo sulla tua mente e sul tuo corpo, non su di te. Vivi distaccato dal corpo che nasce e muore, e tutti i problemi saranno risolti. Infatti essi esistono perché tu credi di essere nato e di dover morire. Disilluditi e sii libero.
Ricorda anche che il mondo non è che uno spettacolo, scintillante, ma vuoto.
È, eppure non è.
Esiste finché voglio vederlo e prendervi parte. Quando smetto di occuparmene, si dissolve.
Ascolta quello che diceve Nisargadatta, grande Maestro Spirituale indiano:
“Noi vediamo il pulviscolo di polvere che danza nell’aria di una stanza buia grazie al raggio di sole che lo illumina.
Noi siamo quella Luce, mentre il pulviscolo è il nostro corpo e le cose del mondo.
La Luce esisterà sempre, anche senza il pulviscolo, ma quest’ultimo è visibile solo per mezzo della Luce.”
“Medita su queste parole, mio piccolo amico, e alla fine imparerai a dare il giusto peso alle cose del mondo.
Non dimenticarti mai di coltivare il tuo animo, la Luce, perché sarà l’unica forza che avrai, l’unica verità che è in te.”
“Mi piacciono, sai, i tuoi discorsi, anche se non li capisco del tutto. Ma sento che mi fanno bene. In più sto tanto bene in tua compagnia. Posso venire a vivere qui con te?”

“Oh Steve, questo no, per un sacco di motivi: devi stare con la tua mamma, che ti adora, altrimenti che farà senza di te? Inoltre devi andare a scuola per costruirti una vita. Io ti sarò sempre amico e potrai venirmi a trovare tutte le volte che vorrai.”
“Ti racconterò una storia zen, la storia della monaca Chiyono, e poi filerai dritto a casa, intesi?”
“Va bene, Baba, potrò sempre venire qui, vero?”
“Quando la monaca Chiyono studiava lo Zen, per molto tempo non riuscì a raggiungere i frutti della meditazione. Finalmente, in una notte di luna, stava portando dell’acqua con un vecchio secchio tenuto insieme con una cordicella di bambù.
A un certo punto la cordicella di bambù si ruppe e il fondo del secchio cadde, e in quel momento Chiyono fu liberata!
Per commemorare l’evento scrisse una poesia:
“In questo modo e in quello cercai di salvare il vecchio secchio
poiché la corda di bambù era logora e stava per rompersi.
E poi, tutto a un tratto il fondo si staccò e cadde.
Niente più acqua nel secchio.
Niente più luna nell’acqua.”
Quali sono i frutti della meditazione che la monaca Chiyono desidera raggiungere?

La ricerca di se stessi e della pace interiore che tutti abbiamo dietro la mente agitata e condizionata.
Cosa rappresenta il vecchio secchio?
La nostra vecchia vita che teniamo insieme con logore cordicelle, le cordicelle dei nostri vecchi schemi e attaccamenti, e dentro il secchio il nostro logoro ego, pallido riflesso della nostra vera vita, del nostro vero Essere.
Mettiamo pezze da tutte le parti pur di non cambiare.
Ma arriva il momento in cui un accadimento più forte, più importante, scuote la nostra vita, e i vecchi pensieri vanno in crisi, non riescono più a far fronte alla vita. Arriva il momento dove qualcosa d’inspiegabile ci spinge a cercare altro in altro.
“In un modo e nell’altro
ho cercato di sorreggere il secchio
sperando che il debole bambù non si sarebbe mai spezzato.
Improvvisamente il sostegno si è rotto.
Non più acqua,
non più luna nell’acqua
IL VUOTO NELLE MIE MANI.”
Se riesci a portare il vuoto tra le tue mani, allora ogni cosa diventa possibile.
Non portarti dietro i tuoi pensieri, la tua conoscenza, non portarti dietro niente di ciò che riempie il secchio e finisce per diventare solo acqua, perché altrimenti tu guarderai sempre e solo il riflesso, e nient’altro.
Nella ricchezza, nei beni materiali, nella casa, nell’automobile o nel tuo prestigio tu scorgerai soltanto il riflesso della Luna piena.
E LA LUNA PIENA È LÌ, IN CIELO, CHE TI STA ASPETTANDO DA SEMPRE.
Lascia che il sostegno si rompa! Non cercare in un modo o nell’altro di proteggere il vecchio secchio!
Non serve a niente. Non proteggere te stesso, non ne vale la pena!
Lascia cadere il secchio, lascia che l’acqua fugga via, lascia che la luna nell’acqua scompaia, perché solo allora potrai sollevare i tuoi occhi verso la vera Luna nel cielo.
È sempre stata lì, nel cielo stellato, ma è necessario il vuoto tra la mani per vederla.
Diventa sempre più vuoto, pensa a te stesso come a un essere sempre più vuoto, comportati come se fossi sempre più vuoto. E un po’ alla volta, piano piano, ne avvertirai il sapore. E una volta che hai assaporato questa fragranza, ti accorgerai di quanto sia stupenda…
Una volta che hai conosciuto il sapore del vuoto, hai conosciuto il vero significato della vita.
Scegli il vuoto, lascia cadere il secchio del tuo ego e della tua mente e dei tuoi pensieri…
NON PIÙ ACQUA,
NON PIÙ LUNA.
IL VUOTO NELLE MANI.
Ora vai dalla mamma, Steve, e raccontale quanto ti ho detto. Lei capirà. Lei saprà.
E un giorno lo capirai anche tu.
E un giorno, assaporeremo tutti questa medesima fragranza”.

(da Nè acqua, nè luna di Laura De Menech, in Racconti per la pace 2015)

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