Firenze, 31 maggio 2021 – Un bellissimo ex aequo al vertice del nostro podio di maggio: la strana coppia (strana fino a un certo punto, però) Gabriele d’Annunzio-Eugenio Montale con il post D’Annunzio, Montale e il meriggio (con uno stimolante confronto di due diversissime super poesie su tema meridiano)  e Giuseppe Ungaretti con il post La madre di Ungaretti (e cioè, ancora, con un post dedicato a una superpoesia dell’autore, giustamente tra le sue più celebrate e note). Argento per Konstantinos Kavafis con un post incentrato su una delle sue liriche più belle, Mare al mattino (Kavafis e le visioni del piacere) . Al terzo posto nuovamente un ex aequo interessante, stavolta tra poesia internazionale e poesia italiana e da spartirsi in quattro, che porta alla ribalta, insieme, un campione della poesia mondiale novecentesca come il russo Josif Brodskij assieme a Carlo Betocchi, Vincenzo Cardarelli e a un classico eccelso del nostro Ottocento, rispettivamente con Brodskij, Odisseo e TelemacoRime come fiori, rime come colori. Carlo Betocchi, Annegare nel tempo. Vincenzo Cardarelli e Leopardi e il passero solitario. Un  risultato complessivo, quello di questo mese, di cui piace sottolineare la varietà delle voci poetiche che avete privilegiato e il fatto, come già accennavamo, che la classifica profilatasi alterni grandi nomi della letteratura italiana con grandi nomi della poesia internazionale.

Tra i vostri commenti su Ungaretti (che per primo ricordiamo, ricorrendo proprio oggi l’anniversario della sua morte) segnaliamo quelli di Giacomo Trinci, Antonietta Puri e Maria Grazia Ferraris. Rispettivamente: “Il sipario di questa scena si apre e si chiude con le due parole “antiche” della nostra tradizione lirica: cuore e sospiro. Il sigillo da stil novo dantesco apre la nuova stagione ungarettiana, dopo la frantumazione metrica dell’allegria dei naufragi e la grande stagione dell’avanguardia. Il canto è disteso, ma con tutte le passate incisioni, abrasioni, ferite e rotture, che lo rifanno comunque nuovo. Come tra i versi-relitti, della stagione dell’allegria, era sepolta in alcuni casi la tenuta musicale dell’endecasillabo e del settenario, così in questa apparente ricomposizione metrica e stilistica tipica della seconda stagione di Ungaretti, l’endecasillabo, il settenario, sillaba ansiosamente la propria presenza, sin dal primo verso. La metrica riemerge dalla balbuzie, e la porta in sé: testimone inesausta. Come il figlio, porta in sé la Madre: sua ferita”; “Il tema umano, la ‘comprensibilità’ di versi connotati da un sereno abbandono al canto, la solennità grave, quasi ieratica, che il poeta conferisce all’immagine materna, fanno di questa poesia di Ungaretti una delle sue liriche più amate. Puntando sul rapporto dialettico tra passato e futuro, vita terrena e aldilà, due mondi separati appena da un ‘muro d’ombra’, il poeta immagina l’atteggiamento della madre, dopo la morte, in relazione alle sue abitudini terrene e si figura il momento in cui la propria anima si presenterà al cospetto divino e vedrà la madre – che delinea in modo rigido, scarno, prosciugato, quasi scolpito nella pietra – inginocchiata dinanzi all’Eterno, da cui non distoglierà la sguardo, tutta tesa ad invocare la clemenza per lui… E qui, la rigidità della visione si stempera nella tenerezza filiale, nel dolore nostalgico del poeta che leggiamo nelle espressioni ‘come una volta’, ‘quando eri ancora in vita’, ‘quando spirasti’ Da questi versi commoventi s’innalza la sacralità del rilievo morale e religioso di una figura di madre che, solo dopo il perdono che Dio avrà voluto concedere al figlio, scioglierà in un sospiro gioioso e liberatorio tutti quei pensieri e quei sentimenti dolorosamente trattenuti, in uno sguardo pieno d’amore”; “Questa rievocazione dell’immagine materna è legata al lutto, ma si esprime in una dimensione religiosa, al confronto con l’aldilà: la condizione della morte della madre spinge l’autore a riflettere su se stesso e sulla propria vita bisognosa di perdono, perché con l’aiuto e la mediazione di lei possa essere riconquistata per lui la perduta innocenza. La dimensione degli affetti è subordinata alla riconquista dei valori morali e segna la coerenza religiosa nel tempo del ruolo materno, l’affettività del periodo dell’infanzia – la decisione di essere la mediatrice, statua davanti all’Eterno – riconfermata come una missione nel momento finale, della morte. L’aspetto individuale, specifico, fisico, della figura materna è ignorato: il corpo è un muro d’ombra, che separa; la Madre (maiuscola), e assume un valore universale,simbolico, e il suo corpo. L’anafora – come una volta mi darai la mano – come già ti vedeva quando eri ancora in vita – come quando spirasti- domina la struttura del testo e sono inseriti e subordinati a una prospettiva religiosa. Non è in gioco la perdita umana, il dolore della perdita, bensì l’ipotesi di un futuro incontro, messa in discussione dalla legge del Dio-Padre”.

Ma bello, nella sua sinteticità, pure il commento firmato Isola Difederigo: “Un monumento di pietà filiale eretto per la madre morta da un poeta che sa come pochi scolpire il linguaggio. Ricorda, per frontalità d’immagine, il ritratto della Grande Madre di Boccioni del quadro ‘Materia’: lì con quelle mani intrecciate in primo piano in atteggiamento accogliente, protettivo; qui con queste espressionistiche ‘vecchie braccia’ tese in atto di supplica. A fare la differenza, tra la vita e la morte, tra il tempo della storia e il sentimento del tempo, il ‘rapido sorriso’ della visione che dilegua”.

Buona lettura e buoni ascolti e a domani, con l’altro post del mese classificatosi alla pari al primo posto e i suoi due vincitori!

Marco Marchi

La madre di Ungaretti

VEDI I VIDEO “La madre” letta da Giuseppe Ungaretti , “La madre” cantata da Iva Zanicchi , Ungaretti e il segreto della poesia , Ungaretti si racconta , Ungaretti intervistato da Pasolini (da “Comizi d’amore”, 1965) , “Preghiera”

Firenze, 12 maggio 2020 – Al di là dell’indubbia grandezza monografica di un’opera, Giuseppe Ungaretti è stato e resta un poeta centrale del Novecento italiano nella misura in cui ha saputo rappresentare possibilità della poesia moderna: possibilità effettive e tra loro diverse – contrastanti e perfino internamente al sistema Ungaretti antitetiche, se Ungaretti è stato il poeta di Allegria di Naufragi (poi L’Allegria) e quello del Sentimento del Tempo –, svolte in un contesto specifico (e di volta in volta mutevolmente specifico), con le sue particolarità, i suoi sviluppi, i suoi vantaggi e i suoi ritardi rispetto ad altre tradizioni.

Ungaretti ha vissuto da protagonista un secolo, di quel secolo nutrendosi e a quel secolo facendo scuola. Vita d’un uomo, appunto: siamo con un titolo più volte riconfermato, più di altri ritenuto valevole, riassuntivo di esiti e prima ancora di una disposizione, al nodo cruciale in cui le ragioni della biografia e quelle della produzione letteraria, la vita e la poesia, si affrontano, cercano i loro punti di contatto e insieme demarcano autonomie, siglano competenze.

In realtà paesaggi e scenari biografici presto in Ungaretti si confondono, si annullano e si trasfigurano. La trincea sarà tra poco, per lui proveniente da Alessandria d’Egitto desideroso di appartenenze e patrie ritrovate, un nuovo deserto. Nasce la poesia di Ungaretti, ed anche la partecipazione del poeta alla Grande Guerra reagisce di comporto, nel senso di un’incidenza molto personalizzata di eventi, da «vita d’un uomo».

Il poeta, l’«uomo di pena», le parole, l’armonia. Il «processo di raccoglimento che poté essere aiutato dalla vicenda umana della guerra» presupposto con evidente cautela da un critico acuto come Gianfranco Contini risulta già impostato, se Parigi – laddove una strumentazione storicamente e ibridamente si forma collegando a ritroso Apollinaire a Mallarmé e Mallarmé a Guérin – si è ridotta a «grigi inenarrabili» e anzi, ancora citando, a «sfumature all’infinito smorzate del colore».

Analogamene la nebbia di Milano, dove ad esempio Ungaretti frequenta la casa di un pittore d’avanguardia come Carlo Carrà, si è risolta in un «sentimento d’infinito», ed ogni ambiente esterno ha sedato in partenza rivolte riconducibili ad altri mezzi e ad altre impostazioni, profilando invece, preminenti, i confini dell’io per una cattura in parole della libertà, dell’invocata armonia, dell’innocenza.

La guerra rivela ad Ungaretti – «improvvisamente», come il poeta sottolinea – il linguaggio. E tuttavia il carattere traumatico, drammatico e liberatorio di una condizione registrata ha maturato non da ora risorse e possibilità, ha avuto e avrà bisogno di cultura per ritrovarsi così stabilito ed espressivamente soddisfatto. Perfino il topos romantico-simbolista dell’étranger, aggiornabile e personalizzabile in quello dello «spatriato», si è definito tramite Guérin e Baudelaire, tramite Leopardi: i poeti.

Purificata, ricondotta al suo valore fondante e incorruttibile di monade interna, la parola essenziale cui Ungaretti perviene torna così ad essere il primo atomo di un discorso di rottura senza confronti, ma anche di una conquista ulteriore, imprevista e più ampia: una ricomposizione già agisce all’interno della raccolta, specificandosi in metri sotterranei, sia pure contrastati da una pronuncia rilevata ed isolante di vocaboli, sillabe e suoni.

Si annuncia la ricomposizione del «lungo dissidio» fra tradizione e invenzione, ordine e avventura, che sarà valida fino agli anni estremi. La parola ungarettiana si immerge nel verso, lo ricompone e lo ritrova, tenta un nuovo canto. E sarà l’endecasillabo che suggella Preghiera a gettare un ponte – complice il variantismo, in Ungaretti antistoricamente costitutivo e sistematico –  tra L’Allegria e Sentimento del Tempo: «Quando il mio peso mi sarà leggero / il naufragio concedimi Signore / di quel giovane giorno al primo grido».

E dal Sentimento del Tempo è tratta la classica, giustamente nota La madre, con cui anche noi vogliamo partecipare alla tradizionale Festa della Mamma.

Marco Marchi

La madre

E il cuore quando d’un ultimo battito
Avrà fatto cadere il muro d’ombra,
Per condurmi, Madre, sino al Signore,
Come una volta mi darai la mano.

In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti all’Eterno,
Come già ti vedeva
Quando eri ancora in vita.

Alzerai tremante le vecchie braccia.
Come quando spirasti
Dicendo: Mio Dio, eccomi.

E solo quando m’avrà perdonato,
Ti verrà desiderio di guardarmi.

Ricorderai d’avermi atteso tanto,
E avrai negli occhi un rapido sospiro.

Giuseppe Ungaretti 

(da Sentimento del Tempo, 1933)

I VOSTRI COMMENTI

Antonella Bottari
Il rapporto madre-figlio, come anche il tema della morte vengono vagliati in una prospettiva religiosa, che pone in sottotraccia la terrestrità. Ungaretti riflette sulla propria morte che gli permetterà di ricongiungersi alla madre, ma occorre che sia lei ad invocare il perdono divino affinché tale ricongiungimento possa realizzarsi. E’ un estremo gesto di amore che, proprio perché volto all’intercessione divina, non ammette terrene manifestazioni di affetti; infatti leggiamo nel testo “E solo quando m’avrà perdonato, | ti verrà desiderio di guardarmi“. È la prospettiva religiosa a prevalere e rimanda al dopo la dimensione umana della manifestazione affettiva e, non a caso, rende la madre “una statua davanti all’Eterno”, cosicché ella mantiene la rigidità morale che la caratterizzava quando era in vita. Anche la morte punta verso l’aldilà e non verso gli affetti terreni: ”Mio Dio eccomi”, dice infatti la madre sul punto di morire; né è presente la dimensione dell’io sofferente per la morte della madre, poiché il poeta costruisce il componimento esclusivamente sull’ipotesi d’incontro con lei, che, in una sorta di triangolo amoroso, esercita la sua funzione mediatrice, quale condicio sine qua non per congiungersi affettivamente al figlio.
Ancora: ” E il cuore …| avrà fatto cadere il muro d’ombra” ; la valenza semantica che il poeta vi attribuisce è l’intero percorso della vita con i suoi possibili errori ad essere ombra che, come baluardo pietroso, impedisce l’ascesa a Dio. La sacralità nel testo si evince anche dall’iniziale maiuscola della parola Madre, e appare perciò anche per tale motivo lontana dalla realtà terrena, tutta proiettata nel ruolo di “Santa mediatrice”. Il Simbolismo ermetico in cui si inserisce il poeta determina anche la soggettività emotiva e sentimentale, quasi patetica con la quale viene rappresentata la madre morta: “mi darai la mano”; “Alzerai tremante le vecchie braccia”; qui l’autore, dopo la stagione più esclusivamente ermetica della raccolta L’Allegria, non solo mostra di avere ritrovato la dimensione dell’Eterno, ma anche la metrica e lo stile tradizionale, infatti nella lirica domina un linguaggio caratterizzato da ricercata semplicità evangelica; proprio per questo, il verso diviene prezioso e sublime.

Antonietta Puri
Il tema umano, la “comprensibilità” di versi connotati da un sereno abbandono al canto, la solennità grave, quasi ieratica, che il poeta conferisce all’immaginematerna, fanno di questa poesia di Ungaretti una delle sue liriche più amate. Puntando sul rapporto dialettico tra passato e futuro, vita terrena e aldilà, due mondi separati appena da un “muro d’ombra”, il poeta immagina l’atteggiamento della madre, dopo la morte, in relazione alle sue abitudini terrene e si figura il momento in cui la propria anima si presenterà al cospetto divino e vedrà la madre – che delinea inmodo rigido, scarno, prosciugato, quasi scolpito nella pietra – inginocchiata dinanzi all’Eterno, da cui non distoglierà la sguardo, tutta tesa ad invocare la clemenza per lui…E qui, la rigidità della visione si stempera nella tenerezza filiale, nel dolore nostalgico del poeta che leggiamo nelle espressioni “come una volta”, “quando eri ancora in vita”, “quando spirasti”. Da questi versi commoventi s’innalza la sacralità del rilievo morale e religioso di una figura di madre che, solo dopo il perdono che Dio avrà voluto concedere al figlio, scioglierà in un sospiro gioioso e liberatorio tutti quei pensieri e quei sentimenti dolorosamente trattenuti, in uno sguardo pieno d’amore.

Maria Grazia Ferraris
Questa rievocazione dell’immagine materna è legata al lutto, ma si esprime in una dimensione religiosa, al confronto con l’aldilà: la condizione della morte della madre spinge l’autore a riflettere su se stesso e sulla propria vita bisognosa di perdono, perché con l’aiuto e la mediazione di lei possa essere riconquistata per lui la perduta innocenza. La dimensione degli affetti è subordinata alla riconquista dei valori morali e segna la coerenza religiosa nel tempo del ruolo materno, l’affettività del periodo dell’infanzia- la decisione di essere la mediatrice, statua davanti all’Eterno- riconfermata come una missione nel momento finale , della morte. L’aspetto individuale, specifico, fisico, della figura materna è ignorato: il corpo è un muro d’ombra, che separa; la Madre ( M maiuscola), e assume un valore universale,simbolico, e il suo corpo. L’anafora- come una volta mi darai la mano- come già ti vedeva quando eri ancora in vita – come quando spirasti- domina la struttura del testo e sono inseriti e subordinati a una prospettiva religiosa. Non è in gioco la perdita umana, il dolore della perdita, bensì l’ipotesi di un futuro incontro, messa in discussione dalla legge del Dio-Padre.

Tristan51
Adesso”La madre”, ma tanti anni dopo, nel “Taccuino del vecchio”, “Per sempre”: “Senza niuna impazienza sognerò, / mi piegherò al lavoro / che non può mai finire, / e a poco a poco in cima / alle braccia rinate / si riapriranno mani soccorrevoli, / nelle cavità loro / riapparsi gli occhi, ridaranno luce, / e, d’improvviso intatta / sarai risorta, mi farà da guida / di nuovo la tua voce, / per sempre ti rivedo”. Due testi assolutamente da confrontare, perfino semanticamente concorrenziali tra loro nel prevedere, nell’immaginare.

Isola Difederigo
Un monumento di pietà filiale eretto per la madre morta da un poeta che sa come pochi scolpire il linguaggio. Ricorda, per frontalità d’immagine, il ritratto della Grande Madre di Boccioni del quadro “Materia”: lì con quelle mani intrecciate in primo piano in atteggiamento accogliente, protettivo; qui con queste espressionistiche “vecchie braccia” tese in atto di supplica. A fare la differenza, tra la vita e la morte, tra il tempo della storia e il sentimento del tempo, il “rapido sorriso” della visione che dilegua.

Chiara
Il poeta sogna di ricongiungersi finalmente con la madre nell’aldilà ed ella lo conduce davanti al giudizio e al perdono di Dio. La madre ha il ruolo di mediatrice che inizialmente, nei primi versi, si presenta leggermente severa ma poi torna a essere affettuosa negli ultimi. L’amore tra madre e figlio in questo componimento supera i limiti della morte, penso che sia un’ottima poesia per festeggiare la festa della mamma.

Damiano Malabaila
Tutta l’invenzione, le immagini e la forma (metro, sintassi…) sembrano qui prender vita da un contrasto tra il canto disteso, l’invocazione lunga, e il balbettio, il frammento, la folgorazione attimale. Non c’è niente da fare, Ungaretti era uno che dove toccava, inventava e creava il nuovo. Non per puro amor di novità (capito, avanguardisti di altri tempi?), ma per una necessità vera.

Pina
Tono solenne, parola essenziale contraddistinguono il componimento “La madre” ,che fa parte della raccolta “Sentimento del tempo”(1930) caratterizzata da temi esistenziali come lo scorrere del tempo, la solitudine e la morte.Ungaretti ha recuperato la fede cristiana e considera la morte non più drammaticamente cone nell'”Allegria” ma come un passaggio ad una nuova vita.Il poeta immagina che, nel momento in cui gli sarà consentito di varcare quel “muro d’ombra” che separa i vivi dalla dimensione ultraterrena, gli verrà in soccorso la madre e ,come era solita fare quando lui era bambino, gli tenderà la mano per accompagnarlo al cospetto di Dio.Lei alzerà le sue vecchie braccia verso Dio come quando diede l’ultimo respiro; tremante per la vecchiaia ma anche a causa della sua giusta apprensione per il giudizio di Dio riguardo il figlio; ella sarà immobile come una statua, determinata ad intercedere per lui ed ottenere da Dio il perdono.Solo allora si volgerà a guardare il figlio adorato e ,con negli occhi “un sospiro”(sinestesia) di sollievo per la salvezza del figlio ,gli potrà finalmente dire quanto a lungo lo ha atteso.

Paolo Parrini
Una poesia intrisa d’amore, di perdita e di speranza in un nuovo abbraccio dopo la morte di questo corpo terreno .Mi viene in mente la meravigliosa poesia di Giacomo Trinci alla madre, ove lo slancio soprannaturale di Ungaretti e’ dolore vivo “un morso asciutto”, e’ “il sunto di un racconto della carne”.Due visioni altissime , tra il dolore della carne e le vette della speranza oltre il nostro tempo mortale. Tra le due eccellenze, il ” morso asciutto” si staglia, vivido nell’aria, nella carne, nell’anima.

 

Giacomo Trinci
Il sipario di questa scena si apre e si chiude con le due parole “antiche” della nostra tradizione lirica: cuore e sospiro. Il sigillo da stil novo dantesco apre la nuova stagione ungarettiana, dopo la frantumazione metrica dell’allegria dei naufragi e la grande stagione dell’avanguardia. Il canto è disteso, ma con tutte le passate incisioni, abrasioni, ferite e rotture, che lo rifanno comunque nuovo. Come tra i versi-relitti, della stagione dell’allegria, era sepolta in alcuni casi la tenuta musicale dell’endecasillabo e del settenario, così in questa apparente ricomposizione metrica e stilistica tipica della seconda stagione di Ungaretti, l’endecasillabo, il settenario, sillaba ansiosamente la propria presenza, sin dal primo verso. La metrica riemerge dalla balbuzie, e la porta in sé: testimone inesausta. Come il figlio, porta in sé la Madre: sua ferita.

Elisabetta
“Come una volta mi darai la mano”: la figura materna, con il complesso groviglio di sentimenti che si porta dietro, è al centro di questa poesia di Ungaretti, da cui traiamo la sensazione di un affetto filiale profondo ma pudico, e di un amore materno forte, ma anche severo, intransigente. Nel libero alternarsi di endecasillabi e settenari, suddivisi in due quartine, una terzina e due distici, il poeta esprime il desiderio di un ricongiungimento con la madre da poco scomparsa, un ricongiungimento che, ormai, sara reso possibile solo dalla morte, che fara cadere “il muro d’ombra”, quell’impalpabile barriera che separa la vita dalla morte. In questa espressione ossimorica mi sembra, pero, di percepire anche un’allusione a un rapporto madre-figlio complesso, non privo di difficolta, se e vero che la madre, “decisa”, rigida (“come una statua”) nella sua fede profonda e intransigente attendera che il figlio sia perdonato da Dio, prima di rivolgergli uno sguardo di nuovo affettuoso: “Ricorderai d’avermi atteso tanto/E avrai negli occhi un rapido sospiro.”

Arianna Capirossi
Indissolubile il legame madre-figlio descritto da Ungaretti nel celebre componimento “La madre”: un legame che supera la morte unendo le anime. La mano che unisce il Poeta alla Madre è un cordone ombelicale sublimato nell’aldilà, dove ancora una volta lei sarà sostegno e protezione. La Madre sarà pronta a guidarlo nella morte, o meglio, nella vita eterna, così come lo ha guidato nella vita terrena. Il pensiero di ricongiungimento con lei dopo la morte è sicuramente un pensiero rasserenante, che serve a dare un senso all’esistenza, che va a concludersi là dove era cominciata. Importante nella poesia è il campo semantico dello sguardo, a cui afferiscono i termini “vedeva”, “guardarmi”, “occhi”: è forte il desiderio di rivedere la madre e, insieme, di essere da lei rivisto, per ricreare il legame un tempo presente in vita; tale legame, dopo aver ricevuto il perdono di Dio, sarà eterno. Assai interessante l’immagine del “muro d’ombra”: il poeta immagina la morte come un varco attraverso un muro impalpabile, ma invalicabile fintanto che si è vivi; lo stesso muro che, mentre scrive, lo separa dalla madre, ma che un giorno cadrà, permettendogli di ritornare a lei, e attraverso di lei a Dio.

ARCHIVIO POST PRECEDENTI

Le ultime NOTIZIE DI POESIA

NOTIZIE DI POESIA 2012 , NOTIZIE DI POESIA 2013 , NOTIZIE DI POESIA 2014 , NOTIZIE DI POESIA 2015 , NOTIZIE DI POESIA 2016 NOTIZIE DI POESIA 2017 , NOTIZIE DI POESIA 2018 , NOTIZIE DI POESIA 2019 , NOTIZIE DI POESIA 2020 , NOTIZIE DI POESIA gennaio-marzo 2021 , NOTIZIE DI POESIA aprile 2021