Il Soave. Vi parleremo sempre più spesso dei vini (vitigni autoctoni) che trovate in carta, enoteca e scaffale, fra eventi a Milano e territorio, cantine. Suavia ha presentato cinque bottiglie e una verticale all’Alchimia il nuovo locale di Alberto Tasinato in viale Premuda 34, con chef Davide Puleio dal Pipero di Roma. Gran bel posto, grandissime bottoglie che mi hanno fatto capire il potenziale vero del Soave. Tre sorelle, Meri e Valentina (in sala), Alessandra Tessari, “orgogliosamente soaviste e bianchiste”, vigne antiche, la famiglia si è insediata a Fittà nel 1800, il cuore alto di un terroir famoso, gli autoctoni a bacca bianca Garganega e un particolare Trebbiano di Soave. Aperitivo con le bollicine di Opera Semplice, metodo classico di Trebbiano. Grande lavoro in vigna, prima che in cantina, vitigni secolari studiati con l’Università di Milano, ma anche saperi antichi. Valentina è l’enologo. Ci racconta, prima della verticale, i quattro vigneti vecchi di Monte Carbonare, le sue rocce basaltiche, il cru di Garganega a 600 metri di altezza. Un già notevole 2013 sapidità, nota amaricante leggera, acidità, affumicato. Un 2006 in cui affiorano idrocarburi, prime note ossidative da vino maturo. Un 2002 che è un capolavoro di freschezza, di acidità clamorosa, un 1998 che ha ancora note floreali. Ai piatti abbinati Massifitti 2015, Bianco Veronese da Trebbiano, schiena minerale vulcanica. Le Rive 2015 è un’altra declinazione importante di Garganega, Acinatium 2013 è il Recioto di Soave. Le ragazze sono bravissime e premiatissime, il rapporto qualità prezzo sorprendente. Nel piatto scelgo il petto di faraona arrosto, bieta, crema di mele alla  senape.