Birra artigianale. Chiedo a Maurizio Maestrelli, uno dei massimi esperti, qual è il limite di produzione? «In Italia 200mila ettolitri.  Negli States anche milioni, non c’è». Apri una birreria artigianale per passione, cresci, poi ti servono investimenti fuori portata. E allora magari vendi, «come la brianzola Hibu al gruppo Heineken o la Birra del Borgo – continua Maurizio – Resistono quelle che hanno un’identità forte, come il Birrificio Italiano comasco di Arioli, il Birrificio di Lambrate». O cedi la maggioranza, come il pluripremiato Birrificio del Ducato di Soragna alla belga Duvel (Diavolo) Moortgat. Con il suo mastro birraio Giovanni Campari e Maestrelli siamo andati da Duvel per capire un sostenibile e flessibile modello del futuro. L’azienda famigliare, alla
quarta generazione, è partita con Michel Moortgat da Puurs alla conquista del mondo. Modernissima, è cresciuta intorno alla fattoria dove d’inverno si faceva ottima birra per il villaggio e i  dintorni, prima di inventare  dopo la prima guerra mondiale la bruna di stile inglese (il lievito portato dalla Scozia è lo stesso di allora), molto diversa dalla tradizione trappista.

«Prima abbiamo rilevato, con mio fratello – racconta Michel – l’azienda, poi ci siamo guardati intorno. La crisi dei marchi storici ci ha offerto opportunità, ma noi cercavamo mastri birrai con cui confrontarci, affinità. Siamo arrivati a dieci birrifici, tre negli Stati Uniti, ci scambiamo tecnologia ed esperienze, ma ognuna mantiene il suo stile. Oltre a Brouwerij Duvel a Puurs, dove siamo, siamo entrati, solo nel Belgio, nella Brasserie d’Achouffe a Houffalize, quella degli gnomi, in Brouwerij De Koninck ad Anversa, Brouwerij Liefmans a Oudenaarde. In una ad Amsterdam e alla Bernard ceca, in Ducato. Li aiutiamo a crescere».

Abbiamo provato la rarissima Duvel alla spina, che scelgo con la Tripel Hop Citra. Curiose, creative e trendy le Vedett, che incarnano la passione per l’arte di Michel. Abbiamo visitato la De Konink, storico birrificio di Anversa, buona la WIld Joe e interessanti le sperimentazioni in botte. Poi siamo scesi nelle Ardenne per la Brasserie d’Achouffe, la birra degli gnomi. Ma questa è la prossima storia (cercatela sugli scaffali)