Tutti sappiamo che l’esofago è quel tratto del tubo digerente che consente il passaggio del cibo dalla bocca verso lo stomaco. Se per qualche motivo questo condotto si stringe, il cibo non passa, ed è una sensazione spiacevole. Con Luigi Dall’Oglio, direttore UOC di chirurgia ed endoscopia digestiva dell’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, parliamo di stenosi esofagee e di come il bambino può riprendere a mangiare con l’ausilio di uno stent, un dispositivo biomedicale hi tech. Stenosi è il termine tecnico che indica questo restringimento.

Dottore, al vostro ambulatorio arrivano bambini che alla nascita già presentano difficoltà digestive legate alla conformazione dell’esofago, con ostacoli al transito degli alimenti, come si determinano?

L’esofago e la trachea, quest’ultimo è il tubo, per così dire, che gli sta vicino e che serve per far passare l’aria, in realtà prima che il bambino nasca sono un unico condotto che si divide in due. Quindi, se parte della cartilagine della trachea rimane nella parete dell’esofago ci sarà un tratto più stretto e rigido, la stenosi congenita. Ma abbiamo anche dei bambini che nascono con atresia, cioè l’esofago, invece di essere in continuità con lo stomaco, a un certo punto si interrompe, e spesso ha una comunicazione con la trachea. Sono situazioni in cui è impossibile fare prevenzione

Cosa si può fare?

Questi bambini ovviamente non possono mangiare. Devono essere operati alla nascita, quindi si tratta di unire, noi diciamo anastomizzare, i due monconi dell’esofago, in modo da ricostituire una continuità, ma questa anastomosi spesso risulta sotto tensione, per la trazione tra i due monconi, e questa è una condizione che favorisce l’insorgenza di stenosi cicatriziale, ossia nel punto dove noi facciamo questa sutura c’è il rischio che possa crearsi un nuovo restringimento

Esistono anche stenosi che si possono scongiurare. Quali ad esempio?

Potrei raccontare il caso di Francesco, nome di fantasia ma il caso è reale. Parliamo di un ragazzino di 12 anni, che gioca a calcio, la mamma va a prenderlo al campo sportivo, il bambino ha molta sete, la mamma è appena stata al supermercato, ha comprato vari prodotti tra cui un detersivo liquido lavapiatti, che disgraziatamente è stato collocato in una bottiglia vuota di acqua minerale. Questo bambino afferra la bottiglia sbagliata, beve di getto e di conseguenza si scatena una esofagite molto grave.

Come è andata a finire?

Francesco trascorre parecchi giorni in rianimazione, poi si stabilisce una stenosi esofagea, inizia questo calvario delle dilatazioni. Ci sono anche adulti che hanno chiesto acqua al bar, è stata versata loro soda caustica. Questi detersivi industriali sono incolori, senza odori, liquidi trasparenti, quindi la prevenzione passa per l’adozione di precauzioni domestiche, utilizzare contenitori corretti, trovare il modo che questi prodotti caustici vengano colorati, contrassegnati per evitare che siano ingeriti per errore.

Come trattare le stenosi esofagee?

Abbiamo due strategie, la prima è chirurgica, si taglia un tratto di esofago cicatriziale, cerchiamo di riattaccare due monconi, se il tratto malandato è molto lungo devi sostituire l’esofago compromesso con un altro segmento di intestino

L’altro trattamento, che noi preferiamo quando possibile, è di tipo conservativo. Consiste nell’eseguire dilatazioni periodiche dell’esofago. Purtroppo questa procedura è gravata dalle recidive, perché poi la parte cicatriziale torna a restringersi, e il bimbo deve tornare in ospedale. Ci sono bambini che hanno fatto decine di trattamenti come questo. Un bambino di 8 anni di Buenos Aires era stato sottoposto a 70 dilatazioni, che vuol dire 70 anestesie.

Quali soluzioni evolute si possono prospettare per correggere tali inconvenienti?

Per tenere dilatato più a lungo questo esofago e ridurre le probabilità di recidiva della stenosi abbiamo ideato uno stent esofageo, sarebbe come un tubo da inserire dentro l’esofago. Questo dispositivo costringe il cibo a transitare nello spazio che si crea tra la parete della stenosi e la parete del tubo, in modo da mantenere attiva la motilità esofagea

Insomma, un dispositivo per allenare l’esofago a riprendere le sue funzioni. Come si è arrivati a questa soluzione?

I primi prototipi risalgono agli anni ottanta, avevamo ottenuto buoni risultati con stent realizzati con materiale di uso comune in sala operatoria, tubi da aspiratore modificati e silicone, erano soluzioni custom, si potrebbe dire fatte in casa, con tutti i limiti

Ci eravamo resi conto che occorreva sviluppare un prodotto efficace e 12 anni fa ebbi la fortuna di incontrare un imprenditore capace di trasformare queste nostre idee in dispositivi utilizzabili, rispettando tutti gli standard. Questo pioniere dell’industria biomedicale è Graziano Azzolini, fondatore della Sidam. Inizia così un’avventura che ci avrebbe portato a trovare una soluzione per questi bambini

E questo dispositivo come è stato perfezionato?

In reparto avevamo idee precise su quale fosse la funzione, ma non sapevamo come produrre lo stent, per questo, tra entusiasmi e delusioni, siamo andati avanti per mettere a punto questi dispositivi, in modo da presentarli al Ministero della Salute, che ha autorizzato uno studio clinico sui primi dieci pazienti, con passaggi ai comitati etici. Arrivati a questo punto devi spiegare rischi e vantaggi, perché anche un bambino di 10 – 12 anni deve poter dare il suo consenso informato, conoscere prima quello che viene fatto, tanto più se si tratta di sperimentazione. E così abbiamo impiantato i primi modelli di quello che abbiamo denominato stent dinamico del Bambino Gesù, dispositivo che aumenta la motilità della parete esofagea. Sorprendentemente questi bambini, con lo stent, sono capaci di mangiare subito di tutto, pizza e carne, patate e mozzarella.

Occorre naturalmente sapersi interfacciare con i bambini, che hanno paura, non è sempre possibile riuscire a far capire loro cosa andiamo a fare e perché. Ma quando conquisti la loro fiducia, loro affrontano la fatica e i disagi con un entusiasmo che un adulto non sempre ha.

Che esito ha avuto lo studio?

Abbiamo documentato i primi 12 stent, ed è in atto la procedura per ottenere il marchio CE, speriamo quanto prima che il prodotto possa essere messo a disposizione anche degli altri bambini con stenosi esofagee

Noi abbiamo ottenuto il 98 per cento di risultati positivi. Arrivano però anche situazioni disperate, in cui lo stent da solo non basta. Ma anche nei casi in cui la stenosi non riesce a guarire del tutto, con la metodologia conservativa, abbiamo comunque un recupero importante. Lo stent, pure nelle situazioni compromesse che tendono a recidivare, riesce ad accorciare una stenosi di 12 centimetri fino a farla diventare di 3. Ora possiamo capire che un conto è togliere o rimpiazzare 12 centimetri di esofago, altra cosa è avvicinare due monconi distanti 3 centimetri

Quanto tempo resta applicato lo stent?

Inizialmente lo tenevamo per 40 giorni, in media, poi abbiamo imparato a tenerlo molto più a lungo. I piccoli pazienti che vengono dall’Est europeo e dall’Africa l’hanno tenuto per 6 mesi senza problemi, con risultati sorprendenti. L’ultimo caso è di un ragazzo di 17 anni che era sbarcato da un barcone sulle coste siciliane con l’esofago chiuso. Nel deserto della Libia era stato segregato, si era prodotta una lunga stenosi dell’esofago. Noi l’abbiamo trattato con l’aiuto di alcune ong, Sant’Egidio in particolare ci ha dato un enorme supporto. Questo ragazzo ha tenuto lo stent per 7 mesi, ora sta bene, al controllo endoscopico la mucosa esofagea risulta normale, segno prognostico molto favorevole

Quali altri passi avanti vi attendono?

I passaggi successivi in prospettiva consisteranno nel realizzare, grazie alle tecniche di ingegneria tissutale e forse anche con le staminali, dei sostituti artificiali di tratti di esofago, in modo da poter sostituire i segmenti assenti o cicatriziali

Un messaggio di speranza?

La ricerca scientifica nel nostro campo non può dipendere soltanto da aiuti delle istituzioni, per quanto fondamentali. Prezioso in questo senso è il supporto delle singole persone a un singolo progetto estremamente importante. Ci consente di avere dei borsisti in pediatria, gastroenterologia, endoscopia digestiva e chirurgia pediatrica, professionisti che crescono insieme con noi, giovani che ci danno supporto non solo assistenziale e che contribuiscono ai progressi.

La conversazione con Luigi Dall’Oglio è stata registrata sabato 2 dicembre durante la lezione magistrale offerta ai soci del Circolo Medico M.Merighi e dell’Ammi – Associazione Mogli dei Medici – di Mirandola (Modena). Hanno collaborato Annalisa Azzolini, Nunzio Borelli e Nadia Scansani Valeri. Intervista a cura di Alessandro Malpelo