I progressi nel campo delle biotecnologie hanno aggiunto al vocabolario parole nuove come terapia genica e terapia cellulare. Esistono capitoli inediti della medicina, ancora in buona parte da scrivere, ma che già offrono grandi opportunità per comprendere la fisiologia e la patologia del corpo umano al fine di correggere eventuali difetti o riparare danni. L’avvento della medicina rigenerativa basata sull’impiego di cellule staminali e ingegneria tessutale ha poi mostrato prospettive mai immaginate prima, come la manutenzione o sostituzione di tessuti biologici: cartilagine, pelle, fibre nervose, endotelio, e via di questo passo. Probabilmente, in un futuro smart non troppo lontano, le industrie 4.0 arriveranno a produrre organi in miniatura a scopo di trapianti. Su questi argomenti di scottante attualità si sono confrontati ricercatori, bioeticisti e divulgatori scientifici in un corso promosso dal master di comunicazione scientifica della Sapienza, evento realizzato con il supporto di Takeda Italia. Ecco tre voci cruciali del vocabolario della vita.

TERAPIA GENICA
La terapia genica si è sviluppata a partire dagli Anni ’80 del secolo scorso grazie ai progressi compiuti nella comprensione delle basi molecolari di molte malattie umane e nella messa a punto di tecniche efficienti per il trasferimento dei geni, è una tecnologia medica nella quale il DNA o l’RNA vengono direttamente utilizzati come sostanze farmacologiche, che consiste nell’inserire geni o frammenti di geni nelle cellule del corpo umano per prevenire, trattare o curare una malattia. All’inizio aveva come obiettivo la cura delle malattie genetiche, oggi però si sta rivelando potenzialmente capace di curare molte altre patologie come l’infarto, il Parkinson, l’Alzheimer o alcuni tipi di tumore. Il trasferimento dei geni nell’organismo umano viene ottenuto tramite vettori non virali oppure di origine virale. La difficoltà maggiore che si incontra nel trasferimento del gene è il raggiungimento di un livello di efficienza sufficiente. Le sperimentazioni cliniche della terapia genica effettuate sino ad oggi sono oltre 200 e hanno coinvolto oltre 3.000 pazienti.

Il trasferimento genico avviene attraverso due modalità: in vivo, con trasferimento genico locale o sistemico direttamente nel corpo; ex vivo, il trasferimento avviene in cellule o tessuti che sono stati prima prelevati poi geneticamente modificati in laboratorio e successivamente reintrodotti. I vettori possono essere fisici, chimici, biochimici (DNA nudo, liposomi, polimeri cationici) o virali (retrovirus, lentivirus, adenovirus e via dicendo); questi ultimi offrono un vantaggio maggiore rispetto agli altri tipi di vettori poiché consentono di trasportare i geni con una elevata efficienza.

TERAPIE CELLULARI
La terapia cellulare consiste nel trasferimento per via iniettiva di materiale cellulare con cellule intatte e viventi in un paziente. La terapia cellulare ha avuto inizio nel XIX secolo quando gli scienziati hanno sperimentato l’iniezione di cellule animali nel tentativo di prevenire o curare le malattie. Sebbene i risultati iniziali siano stati deludenti, ulteriori ricerche hanno portato alla scoperta che le cellule umane potevano essere utilizzate per aiutare il corpo umano a prevenire il rigetto degli organi trapiantati, portando nel tempo al successo del trapianto di midollo osseo. Si distinguono diverse tipologie di terapie cellulare ma la più comune ed entrata nella pratica clinica è quella con le cellule staminali, scoperte negli Anni ’50. Le cellule staminali sono cellule “non specializzate”, ovvero con il potenziale per svilupparsi in altri tipi di cellule del corpo. In questo sono diverse dalle cellule “specializzate”, che si sono “differenziate” per svolgere una funzione specifica. Le cellule staminali sono in grado di dividersi e rinnovarsi quasi illimitatamente. In questo modo mantengono il potenziale per diventare cellule specializzate, che si trovano generalmente nel tessuto di origine delle cellule staminali. Queste proprietà rigenerative uniche significano che le cellule staminali potrebbero avere svariate applicazioni in medicina. Benché le ricerche nel campo delle terapie con cellule staminali siano ancora in corso, tali cellule hanno già degli impieghi consolidati. Ad esempio, i trapianti di cellule staminali possono essere utilizzati per il trattamento di condizioni che colpiscono le cellule ematiche, come la leucemia, il linfoma e il mieloma. Le cellule ematiche danneggiate da queste malattie vengono sostituite con le cellule staminali.

Esistono molteplici tipologie di cellule staminali e le normative sulla raccolta e sulla donazione variano da Paese a Paese. In genere, tuttavia, le cellule staminali impiegate per i trattamenti medici sono prelevate dal sangue o dal midollo osseo del paziente stesso o di un donatore, oppure dalla placenta/cordone ombelicale (donato dalle madri dei neonati).

Il midollo osseo contiene almeno due tipi di cellule staminali: la maggior parte sono cellule staminali adibite alla produzione del sangue (ematopoietiche), che possono formare tutti i tipi di cellule ematiche dell’organismo. Il midollo osseo possiede anche un’altra popolazione di cellule staminali, chiamate cellule staminali mesenchimali (non ematopoietiche). Tali cellule staminali possono essere prelevate anche da altre parti del corpo e sono un esempio di cellule staminali “adulte”, che possono essere estratte dal tessuto adiposo (grasso) sottocutaneo tramite liposuzione.

Le cellule staminali mesenchimali umane hanno il potenziale per generare i tessuti mesenchimali, ad esempio lo stroma osseo, cartilagineo, adiposo, tendineo, muscolare e midollare. Queste cellule “adulte” non vanno confuse con le cellule staminali embrionali. Le cellule staminali embrionali provengono da un embrione in fase di preimpianto. La maggior parte deriva da embrioni sviluppati da ovuli fecondati in vitro, in una clinica di fecondazione in vitro, e quindi donati a scopi di ricerca con il consenso informato dei donatori. Non derivano da ovuli fecondati nel corpo di una donna.

La terapia con cellule staminali è un’area complessa della medicina. Uno degli ostacoli allo sviluppo di quest’area di trattamento è rappresentato dalla mancanza di donatori disponibili, che può limitare le terapie con cellule staminali basate sulla donazione di cellule. Nel Regno Unito, ad esempio, più di 400 pazienti all’anno che potrebbero trarre vantaggio dalla terapia con cellule staminali non possono accedere al trattamento. Inoltre, in quanto nuova area terapeutica, i pazienti e i professionisti sanitari potrebbero necessitare di sviluppare la conoscenza e fiducia nei confronti del trattamento con cellule staminali.

INGEGNERIA TESSUTALE
L’ingegneria tessutale è una branca dell’ingegneria biomedica che si pone l’obiettivo di ricreare organi e tessuti, ingegnerizzandoli o favorendone la riparazione e ristabilendo, ricreando o migliorando le loro originarie funzioni biologiche. Il termine ingegneria dei tessuti o tessutale (la leggiamo a volte tissutale con la i di Imola, che secondo Treccani è una variante meno corretta, a seconda delle accezioni in uso), compare attorno agli Anni ’70 del secolo scorso, inteso solo come manipolazione di tessuti e organi; solo in seguito il termine ha assunto l’attuale accezione. Nel 1994 a Boston si costituisce la TES, la Società di Ingegneria tessutale dalla quale si svilupperanno altre Società scientifiche internazionali di questa branca medica, e nasce anche una rivista specializzata, la Tissue Engineering.

L’ingegneria tessutale è una scienza multidisciplinare che applica i principi dell’ingegneria per realizzare dei sostituti biologici capaci di ripristinare una determinata funzione dell’organismo danneggiata da una patologia, da un incidente o dall’invecchiamento senza dover ricorrere a trapianti o protesi. L’ingegneria tessutale non si avvale di tessuti e organi completamente artificiali ma di impianti costituiti da cellule viventi fatte proliferare su strutture realizzate in laboratorio con materiali biocompatibili e bio-riassorbibili.

Questa disciplina emergente che ha già prodotto risultati interessanti, rigenerando tessuti come la pelle, gli epiteli e la cornea o addirittura ricostruendo tessuti più complessi se non addirittura gli organi (vagina bioartificiale, cartilagine nasale); si tratta ancora di sperimentazioni che potrebbero tuttavia diventare pratiche chirurgiche e che dicono molto sulle potenzialità dell’ingegneria tessutale e sulle sue possibili applicazioni.