Povero maschio, in certi casi l’invecchiamento aggrava una fisiologica incontinenza urinaria, esperienza che affligge 2 milioni di uomini. Quando il problema è limitato si può ricorrere alla rieducazione perineale. I farmaci possono aiutare a convivere con piccole perdite e riprendere il controllo. Frequente il ricorso ai pannoloni, per praticità e per sentirsi più tranquilli. E c’è anche una branca specialistica innovativa, che guarda avanti, frutto di una chirurgia che ha dato prova di efficacia.

FUNZIONI SOTTO CONTROLLO
Nei casi più impegnativi, dopo interventi radicali alla prostata, è possibile ripristinare un controllo vescicale, come ha scritto Emilio Emili, direttore dell’Unità operativa di Urologia Interaziendale AUSL Bologna. Questo è possibile grazie a impianti minimamente invasivi, con livelli di efficacia suffragati da studi entrati nella pratica clinica. Emili ricorda che l’incontinenza urinaria non è necessariamente correlata all’età. La neoplasia in soggetti molto anziani può essere trattata con radioterapia, ma il tumore della prostata colpisce anche persone giovani che legittimamente desiderano recuperare autonomia e funzioni vitali, avendo davanti una prospettiva di vita attiva. In questi casi gli sfinteri urinari possono essere ricreati, riproducono gli organi naturali e mantengono l’uretra chiusa finché non si avverte l’esigenza di avviare la minzione. La chirurgia urologica di Imola – Bologna è polo di riferimento anche per pazienti provenienti da fuori regione. La prospettiva è che in futuro siano attivati nuovi centri ad alta specializzazione, offrendo a un maggior numero di persone le soluzioni più efficaci, con aggiornamento dei LEA (Livelli essenziali di assistenza) come fatto da tempo per altre condizioni, come protesi mammarie e protesi d’anca. A questo proposito la Siu, Società italiana di urologia, ha sviluppato un progetto denominato MIT, acronimo di Male incontinence training, rivolto alla formazione di professionisti in grado di applicare questa chirurgia evoluta in tutta Italia.

BONUS PANNOLONI, MODELLO CERGAS
Oltre 4,5 milioni di italiani soffrono di incontinenza urinaria e sono costretti a ricorrere ai pannoloni. Per oltre un milione di persone è il Servizio Sanitario Nazionale a farsi carico delle forniture (poco più di due pezzi al giorno) senza distinzione a seconda dell’entità del problema. Introducendo un bonus pannoloni, le famiglie potrebbero risparmiare fino a 9 milioni di euro l’anno, senza maggiori costi per le casse dello Stato. Lo prevede un modello del Cergas Sda (Università Bocconi) che insiste su tematiche affrontate anche recentemente, e che ipotizza l’erogazione in tutte le Regioni di una somma dai 9 ai 56 euro a persona, da distribuire mensilmente tramite tessera sanitaria. La spesa pubblica resterebbe invariata e sarebbe data a ciascun soggetto la libertà di utilizzare il budget scegliendo il prodotto più adatto tra una pluralità di fornitori accreditati. Il bonus è già realtà in Piemonte, e vede al centro la figura del medico di famiglia. “Le persone incontinenti sono spesso molto fragili, il problema viene vissuto come un tabù”, ha scritto Roberto Messina, presidente Senior Italia FederAnziani. Il modello classifica i pazienti a seconda della gravità della patologia, secondo Marzio Zullo, specialista dell’Associazione Italiana di Uroginecologia (Aiug), prevede quattro livelli di incontinenza a ciascuno dei quali corrisponde un’indicazione sulla tipologia e il fabbisogno stimato di pezzi.

Alessandro Malpelo

QN Salute Benessere