La proteina C reattiva, detta PCR (o anche CRP, acronimo inglese che sta per C_Reactive Protein) è un valore al quale spesso prestiamo scarsa attenzione malgrado sia puntualmente riportato nel referto delle analisi del sangue. La PCR è un indicatore di infiammazione rilevabile anche con un semplice test in farmacia, una spia utile per varie indicazioni.

In generale, elevati livelli di proteina C reattiva rappresentano un campanello d’allarme per lo stato di salute della persona, che richiede poi adeguati approfondimenti. Uno degli utilizzi più interessanti, sia nei pazienti pediatrici sia negli adulti, potrebbe essere la valutazione dei livelli di CRP al fine di guidare la prescrizione di antibiotici, parametro utile per ottenere un impiego appropriato delle terapie anti-infettive, essenziali ad esempio nei pazienti affetti da riacutizzazioni di Bpco. Grazie al test della Proteina C Reattiva è possibile distinguere le infezioni batteriche da quelle virali, un test rapido e mininvasivo che può davvero fare la differenza.

Studi scientifici indicano che il test della PCR riduce la prescrizione di antibiotici, senza compromettere il processo di cura dei pazienti. “Si avvicina per il cittadino la possibilità, con un semplice esame eseguito comodamente in farmacia, di poter gestire in appropriatezza l’utilizzo dell’antibioticoterapia, escludendone l’impiego quando non necessaria, aspetto molto importante per la lotta all’antimicrobico-resistenza”, ha commentato Claudio Zanon, Direttore Scientifico Motore Sanità.

“Una PCR in costante calo sino a completa normalizzazione permette di dare un giudizio positivo sull’impatto dell’antibioticoterapia, che potrà quindi essere definitivamente interrotta”, ha confermato Francesco Menichetti, Presidente GISA. Terapie antibiotiche brevi, se efficaci, impattano meno sulla flora microbica intestinale e contribuiscono nel contenere il fenomeno della resistenza.