L’occhio secco è… una seccatura, un fastidio purtroppo anche molto diffuso. In questi anni abbiamo visto che esistono tantissime forme di occhio secco che richiedono trattamenti diversi a seconda delle cause che hanno modificato le variabili (percentuale acquosa, parte lipidica, volume assoluto) del film lacrimale, con alterazioni nella dinamica dei fluidi corporei. All’origine di questo disturbo c’è infatti un deficit di lubrificazione dell’epitelio e della mucosa, le superfici che mettono in contatto l’interno della palpebra e il tessuto di rivestimento dell’occhio, per cui aumenta l’attrito a ogni battito di ciglia. Cosa possiamo fare dunque per ovviare, e cosa c’entra la cataratta con tutti questi problemi?

L’occhio secco è di natura diversa nel giovane che svolge un lavoro in ambiente inquinato (polveri, allergeni), oppure tra quanti si applicano ore e ore davanti al videoterminale e affaticano la vista anche se adottano un occhiale da computer. Diversi i sintomi nell’occhio secco che si manifesta con la menopausa (squilibri ormonali) o quando si indossano lenti a contatto (secchezza da attrito, effetto meccanico). Questi sono solo alcuni esempi tra i tanti che si possono fare: dopo i cinquant’anni questo fastidio affligge il 30% della popolazione, con un’incidenza quasi doppia nella donna, e più andiamo avanti con gli anni più si avverte.

L’emergenza Coronavirus ha complicato la situazione tanto è vero che è stata coniata una nuova espressione Mask-associated dry eye (MADE) tipico neologismo dell’era Covid-19. La mascherina, nella respirazione, convoglia un andirivieni di flussi d’aria verso l’alto (tanto è vero che d’inverno, inforcando gli occhiali, le lenti si appannano più facilmente). Questo effetto, secondo chi lo ha studiato, potrebbe influenzare la secchezza delle congiuntive oculari dopo ogni atto respiratorio.

Si parla tanto di chirurgia refrattiva e in generale di interventi sofisticati in oftalmologia. Ebbene, uno studio tutto italiano ha indagato la sindrome dell’occhio secco che insorge dopo interventi di rimozione e sostituzione del cristallino nella cataratta senile, parliamo quindi di manovre dettate da finalità terapeutiche. Questo studio, coordinato da Paolo Fogagnolo (Università di Milano), medico oculista e ricercatore presso l’Ospedale San Paolo, ha portato alla ribalta l’impiego, come profilassi preoperatoria, di un mix di principi attivi (vitamina D, vitamina A, omega 3 e liposomi) nella preparazione all’intervento di cataratta. Nella farmacopea ufficiale ora è entrato un collirio che contiene tali componenti.

“L’occhio secco che insorge dopo un intervento di cataratta – dichiara Fogagnolo – può essere un inconveniente transitorio, ma per qualche mese il paziente subisce una serie di ripercussioni legate alle sollecitazioni che l’intervento provoca sulla superficie oculare”. In genere, si prescrivono dei sostituti lacrimali da utilizzare per diversi mesi dopo l’intervento. Ora è da poco disponibile in farmacia un nuovo sostituto lacrimale (adatto a tutti coloro che soffrono di occhio secco) che contiene vitamina D, vitamina A, omega 3 e liposomi, da utilizzare anche prima dell’appuntamento in sala operatoria.

“La popolazione che è maggiormente colpita da occhio secco è anche quella che più spesso si deve sottoporre a intervento di cataratta”, ha scritto Rita Mencucci, Azienda ospedaliera universitaria Careggi, Firenze. “Secondo la letteratura scientifica recente, l’incidenza dell’occhio secco nei pazienti che vanno incontro a intervento di cataratta è circa del 40%, ma la maggior parte di questi è inconsapevole, e questa condizione rappresenta il primo fattore di rischio per l’insorgenza di un occhio secco conclamato postchirurgico”.

Dicevamo del collirio che è stato testato in uno studio italiano condotto su 45 pazienti con un’età media di 75 anni: “Abbiamo misurato alcuni parametri relativi alla superficie oculare – ha spiegato Fogagnolo – come il tempo di rottura del film lacrimale e alcuni sintomi, tra cui la sensazione di corpo estraneo e il bruciore, due settimane prima della sala operatoria, il giorno dell’intervento e in seguito dopo una e poi due settimane dopo l’intervento per verificare se la somministrazione del nuovo collirio comportasse dei miglioramenti, e possiamo dire che la sintomatologia legata all’occhio secco si dimezza dopo utilizzo di questo sostituto lacrimale. Ci attendiamo risultati ancora migliori in pazienti che già soffrono di sindrome dell’occhio secco”, conclude Fogagnolo.

Alessandro Malpelo

QN Quotidiano Nazionale

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