Sabato prossimo migliaia di luci verdi, come tanti semafori accesi nel buio, risplenderanno nelle città a conclusione della Settimana mondiale di sensibilizzazione sulle malattie mitocondriali, alterazioni ereditarie che minano le strutture cellulari preposte all’utilizzo dell’energia, dette per l’appunto mitocondri. Anche la Marina Militare Italiana e gli arbitri della Federazione Italiana Rugby aderiscono all’iniziativa.

Le mutazioni che colpiscono i mitocondri si ripercuotono negativamente sui tessuti, in particolare quelli che manifestano un intenso fabbisogno energetico, nervi e muscoli. Le mutazioni colpiscono anche gli organi sottoposti a duro lavoro come il cuore, possono causare problemi alla vista e all’udito. Rare e poco conosciute, le malattie mitocondriali appartengono al gruppo delle più diffuse alterazioni genetiche, seconde forse solo alla fibrosi cistica dal punto di vista numerico. Solo nella metà dei casi è possibile ricevere la diagnosi genetica, e non esiste ancora una terapia risolutiva.

Le malattie del mitocondrio salirono alla ribalta della cronaca con il drammatico caso di Charlie Gard, il bambino inglese affetto da deplezione del Dna mitocondriale, che fu al centro di una straziante battaglia legale per il suo diritto di continuare a ricevere attenzioni. L’anno scorso tutti ne parlavano, anche il Vaticano si era prodigato, il ricordo delle vicissitudini di quella famiglia è ancora ben presente.

Proprio per mantenere desta l’attenzione sui mito-pazienti, l’Associazione Mitocon – Insieme per lo studio e la cura delle Malattie Mitocondriali  rilancia ora una campagna coinvolgendo la comunità scientifica e le istituzioni.

La domanda è: che cosa possono fare i ricercatori per imparare a riparare i mitocondri? Rispondiamo con un esempio. OPA1 è un gene coinvolto in una malattia ereditaria dell’occhio legata al cattivo funzionamento del mitocondrio. Questa malattia si chiama atrofia ottica dominante. La scoperta del difetto alla base della disfunzione è stata descritta su Cell dal gruppo di ricerca dell’Istituto Telethon Dulbecco guidato da Luca Scorrano, all’Università di Padova. Lo studio del gene alterato nel contesto del metabolismo cellulare potrebbe essere sfruttato in chiave terapeutica, per decifrare tante altre malattie mitocondriali, orfane di cura.

Alessandro Malpelo

QN Quotidiano Nazionale

Salute