La Commissione Europea ha approvato il primo inibitore specifico di interleuchina-23 (risankizumab) nel trattamento della malattia di Crohn da moderata a severa.

 

Paolo Gionchetti, professore di medicina interna all’Università di Bologna, direttore delle Malattie infiammatorie croniche intestinali nell’Azienda ospedaliero-universitaria, in un comunicato definisce la terapia “un significativo passo avanti nel raggiungimento del controllo ottimale di una patologia così complessa”. Risankizumab si candida a diventare “un’opzione terapeutica promettente negli adulti che, nonostante il ricorso alle terapie convenzionali o biologiche, continuano a manifestare una malattia in fase attiva”. In Italia circa 250 mila persone risultano affette da malattie infiammatorie croniche intestinali, l’esordio generalmente avviene tra i 20 e i 30 anni.

 

“Oltre alla gestione dei sintomi quotidiani la remissione clinica, la guarigione della mucosa e la risposta endoscopica sono fondamentali nel Crohn”, ha dichiarato da parte sua Fernando Rizzello, professore di medicina interna, Centro di riferimento per le malattie infiammatorie intestinali al Sant’Orsola di Bologna. “Gli studi clinici confermano che risankizumab, primo inibitore dell’IL-23 per la malattia di Crohn, è efficace e sicuro nel migliorare i parametri cruciali della malattia. Ci auguriamo che questa nuova opzione terapeutica sia resa presto disponibile in tutta Italia”.

 

L’approvazione europea è supportata dai risultati dei trial clinici Advance, Motivate (studi di induzione) e Fortify (studio di mantenimento), studi multicentrici randomizzati, in doppio cieco controllati verso placebo. “Risankizumab – si legge ancora in un comunicato diffuso da Abbvie – è approvato in Europa anche per il trattamento degli adulti con psoriasi a placche da moderata a severa candidati a terapia sistemica e in monoterapia o in associazione al metotressato per il trattamento dell’ artrite psoriasica attiva negli adulti che hanno manifestato una risposta inadeguata o un’intolleranza a uno o più farmaci antireumatici modificanti la malattia”.