Epatite B, virus HCV, Epatite Delta. Le infezioni che bersagliano il fegato possono rimanere latenti per lungo tempo, ma anche portare a complicanze come la cirrosi epatica e l’epatocarcinoma. A un mese dalla Giornata Mondiale delle Epatiti, promossa dall’Oms per il 28 di luglio, specialisti di diverse discipline si sono riuniti per discutere di strategie di eradicazione. Caserta, in questo senso, è una città laboratorio, qui sono stati trattati più di 2.500 pazienti con HCV, con tempi di diagnosi e accesso alle cure ridotti rispetto alla media, e qui si è tenuto un convegno patrocinato tra gli altri dall’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato – AISF. L’appuntamento, nato nel 2014, è stato dedicato quest’anno alla memoria del Prof. Antonio Ascione, primo fondatore di un reparto di epatologia ospedaliera in Italia.
Caserta città laboratorio
Il percorso di cura con gli antivirali ad azione diretta richiede in media fino a sei mesi per ottenere una diagnosi e l’accesso alla terapia e può arrivare fino a 18 mesi in un contesto di amministrazione penitenziaria. “Nel nostro caso – ha precisato Vincenzo Messina, dirigente medico, AORN Caserta – dallo screening alla terapia trascorrono al massimo due settimane per i pazienti dei SerD, 30 giorni per i detenuti a partire dal prelievo”.
Gli specialisti hanno evidenziato come oggi si disponga di importanti strumenti per combattere le epatiti virali. L’Epatite B si può prevenire grazie al vaccino, mentre nuove terapie emergenti come il Bepirovirsen possono silenziare il virus aumentando la percentuale di soggetti che perdono l’antigene di superficie (HBsAg) e potenziando l’azione degli attuali farmaci che ne sopprimono la replicazione.
Antivirali ad azione diretta
L’HCV, come noto, può essere eradicato definitivamente in oltre il 98% dei cari grazie ai nuovi farmaci antivirali ad azione diretta (DAAs), in tempi rapidi e senza significativi effetti collaterali. Per l’Epatite Delta è invece stato recentemente approvato da AIFA un nuovo farmaco, il Bulevirtide, che impedisce al virus di penetrare negli epatociti e rappresenta al momento l’unica concreta speranza per una malattia orfana che altrimenti porta inesorabilmente verso la cirrosi epatica. Restano gli ostacoli degli screening per far emergere il sommerso. “La missione dei medici epatologi ospedalieri è duplice: da un lato fornire un elevato livello assistenziale sul territorio e dall’altro una solida base di aggiornamento scientifico finalizzata alla pratica clinica, sempre con il paziente al centro”, sottolinea Antonio Izzi, presidente CLEO e dirigente medico Presidio Ospedaliero Cotugno, Napoli.
Si vede come un lavoro sul territorio, la semplificazione nell’accesso alla terapia e la formazione delle strutture locali possano portare a una riduzione dei tempi di diagnosi e di accesso. Le epatiti virali rappresentano una delle maggiori problematiche di salute globale, con 300 milioni di soggetti affetti da Epatite B, almeno 55 milioni HCV, e il virus dell’Epatite Delta che coinvolge dai 6 ai 12 mila pazienti in Italia.
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