Una dieta mediterranea, con moderata restrizione proteica, con parallela attività fisica, sembra influenzare il destino delle mutazioni Brca nelle donne adulte con tali caratteristiche. Durante una sperimentazione randomizzata controllata la dieta mediterranea pare in grado di ridurre i livelli sierici del fattore di crescita insulino-simile IGF-I nelle donne portatrici del cosiddetto gene-Jolie.

Si tratta di persone con un rischio elevato di sviluppare carcinoma della mammella nel corso della vita, il 55% di queste donne (non tutte) si ammala. Cosa hanno di speciale quelle che hanno la fortuna di preservare l’integrità del seno? Dunque, i ricercatori ipotizzano che oltre a fattori predisponenti di natura genetica, esistano anche variabili ambientali, questioni legate allo stile di vita e all’alimentazione. È quanto emerge da uno studio coordinato dalla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e finanziato dal Ministero della Salute e dall’AIRC.

“Precedenti indagini avevano suggerito che fattori legati allo stile di vita come obesità, diabete, consumo di latte e sedentarietà sono associati, anche nelle donne con mutazione dei geni BRCA, a una maggiore frequenza di carcinoma della mammella” ha affermato Patrizia Pasanisi, medico epidemiologo dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, che firma lo studio. “Tutti questi fattori sono generalmente correlati a livelli più alti di IGF-I”. Questo fattore di crescita stimola la proliferazione cellulare e agisce maggiormente quando è presente l’anomalia.

Sei mesi di dieta mediterranea a ridotto apporto proteico (circa 11% delle calorie da proteine) si sono rivelati efficaci, secondo gli autori, nel ridurre possibili fattori di rischio importanti per il carcinoma mammario associato alle mutazioni BRCA.

Alessandro Malpelo

QN Quotidiano Nazionale

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