“Nei prossimi cinque anni si calcola che saranno investiti mille miliardi di euro in ricerca farmaceutica: risulta quantomai evidente che si gioca una partita importante, i vari Paesi nel mondo faranno a gara per attrarre quanto più possibile questo immenso mare di investimenti, che andranno a sostenere l’economia e interagire con il tessuto sociale”. L’osservazione di Lucia Aleotti, vicepresidente Farmindustria, è scaturita a Parma, presso gli stabilimenti Gsk, nel corso del convegno sul futuro dell’industria farmaceutica (“Innovazione e produzione di valore”).  “L’Italia ha fatto passi avanti importanti, i mesi del Covid hanno fatto capire ai cittadini e alle istituzioni l’importanza di contare su un settore farmaceutico trainante, ferma restando la cosa più importante, e cioè che i benefici raggiungano il paziente”.

“La pandemia – ha osservato da parte sua Massimo Scaccabarozzi, presidente Farmindustria – ha dimostrato che non c’è salute senza economia, ma non c’è nemmeno economia senza salute, si è visto quanto sia importante in Europa, e a maggior ragione in Italia, cercare di attrarre investimenti, che siano strategici per il Paese”. Per Scaccabarozzi “gli investimenti strategici vanno nella direzione della salute, nella produttività industriale e nella sicurezza. Questa, guarda caso, è la carta d’identità del settore farmaceutico, un settore che da anni ha preso la leadership in Europa. Per mantenere questa leadership però abbiamo bisogno di un sistema attrattivo, di un sistema di accesso importante e di competenze”.

Ma quale il peso dell’industria farmaceutica in Italia? Gli investimenti  sono cresciuti del 16% in cinque anni e nel 2020 sono stati pari a 3 miliardi, 1,4 miliardi in produzione e 1,6 miliardi in ricerca e sviluppo. Di questi, 700 milioni sono in studi clinici, una grande opportunità per accesso a cure innovative, crescita delle competenze e risorse per il Servizio sanitario nazionale e per i centri clinici sul territorio. Infatti, per un euro investito dalle imprese, il beneficio per il sistema sanitario è pari a 2,8 euro, perché le imprese si fanno carico di tutti i costi connessi.

Sul fronte occupazionale, negli ultimi cinque anni, la crescita dell’occupazione ha segnato un +12% rispetto a +2% della media nazionale dell’industria manifatturiera, con opportunità crescenti per i giovani (+16% in 5 anni) e un ruolo chiave per le donne, in un settore dove la parità è da anni realtà, anche grazie a un sistema di welfare e relazioni industriali di eccellenza.

In questo quadro si ravvisano anche criticità, emerse al convegno durante un confronto con l’ex ministro Giovanni Tria, ora consulente del dicastero dello Sviluppo economico, come “il fatto che uno Stato intenda contrattare l’acquisto di farmaci generici, procedura assolutamente lecita e corretta dal giorno dopo la scadenza del brevetto, ma che intenda farlo prima della scadenza del brevetto stesso (come prefigurato dal ddl Concorrenza, ndr) è un po’ una maniera per aggirarlo, e il messaggio negativo a chi vuole investire in ricerca è molto forte”. Lucia Aleotti ha inteso così ribadire il principio cardine della tutela delle prerogative dei ricercatori: “Come imprese investiamo centinaia di milioni di euro. Se viene a mancare uno strumento che protegge questa ricerca, diventa più facile giocare a copiarsi che impegnarsi come soggetti che investono, rischiano e credono nel Paese”.

Lo stesso Tria, collegato in remoto al convegno, ha ribadito che nei diversi approcci coi quali lo Stato può sostenere le imprese “il premio a rischio rimane fondamentale per chi crede che innovazione e investimenti siano stimolati, soprattutto assicurando un adeguato rendimento, cioè un premio commisurato al rischio. Questa è la strada principale per una società che voglia essere altamente dinamica”.